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Il giorno della Memoria

Aperto da LaDeA, Gennaio 24, 2013, 03:31:02 PM

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LaDeA


Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata in commemorazione delle vittime del nazismo, dell'Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati. Il 27 gennaio 2013, non sarà solo un giorno per ricordare, ma con gli occhi al futuro, per evitare episodi come quelli accaduti nel parlamento ungherese. La proposta del parlamentare del partito di estrema destra Jobbikè di compilare una lista dei residenti "di origine ebraica"
che potrebbero porre una minaccia alla sicurezza nazionale
magiara è così scioccante che anche il governo ungherese di destra ha inteso prendere nettamente le
distanze.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

Consuelo

Nella mia classe, per il giorno della memoria, abbiamo fatto tipo un cartellone con su scritto frasi o poesie dedicate a questo terribile episodio. La mia breve poesia è stata:
In quei campi di sterminio
era tutto grigio e triste.
Si sente un pianto di bimbi
continuo e intenso.
Poi, all'improvviso, il silenzio
cupo e profondo.
Capisci l'importanza di quella persona quando non è con te.
Se ti manca, allora è davvero importante.

nuvolina22

#2
Il mese scorso, uno dei crematori di Birkenau è stato fatto saltare. Nessuno di noi sa (e forse nessuno saprà mai) come esattamente l'impresa sia stata compiuta: si parla del Sonderkommando, del Kommando Speciale addetto alle camere a gas e ai forni, che viene esso stesso periodicamente sterminato, e che viene tenuto scrupolosamente segregato dal resto del campo. Resta il fatto che a Birkenau qualche centinaio di uomini, di schiavi inermi e spossati come noi, hanno trovato in se stessi la forza di agire, di maturare i frutti del loro odio.
L'uomo che morrà oggi davanti a noi ha preso parte in qualche modo alla rivolta. Si dice che avesse relazioni con gli insorti di Birkenau, che abbia portato armi nel nostro campo, che stesse tramando un ammutinamento simultaneo anche tra noi.
Morrà oggi sotto i nostri occhi: e forse i tedeschi non comprenderanno che la morte solitaria, la morte di uomo che gli è stata riservata, gli frutterà gloria e non infamia.
Quando finì il discorso del tedesco, che nessuno poté intendere, di nuovo si levò la prima voce rauca: - Habt ihr verstanden? - (Avete capito?)
Chi rispose «Jawohl »? Tutti e nessuno: fu come se la nostra maledetta rassegnazione prendesse corpo di per sé, si facesse voce collettivamente al di sopra dei nostri capi. Ma tutti udirono il grido del morente, esso penetrò le grosse antiche barriere di inerzia e di remissione, percosse il centro vivo dell 'uomo in ciascuno di noi:
- Kamaraden, ich bin der Letzte! - (Compagni, io sono l'ultimo!)
Vorrei poter raccontare che fra di noi, gregge abietto, una voce si fosse levata, un mormorio, un segno di assenso.
Ma nulla è avvenuto. Siamo rimasti in piedi, curvi e grigi, a capo chino, e non ci siamo scoperta la testa che quando il tedesco ce l'ha ordinato. La botola si è aperta, il corpo ha guizzato atroce; la banda ha ripreso a suonare, e noi, nuovamente ordinati in colonna, abbiamo sfilato davanti agli ultimi fremiti del morente.
Ai piedi della forca, le SS ci guardavano passare con occhi indifferenti: la loro opera è compiuta, e ben compiuta. I russi possono ormai venire: non vi sono più uomini forti fra noi, l'ultimo pende ora sopra i nostri capi, e, per gli altri, pochi capestri sono bastati.
Possono venire i russi: non troveranno che noi domati, noi spenti, degni ormai della morte inerme che ci attende.
Distruggere l'uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi.
Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice. Alberto ed io siamo rientrati in baracca, e non abbiamo potuto guardarci in viso. Quell'uomo doveva essete duro, doveva essere di un altro metallo del nostro, se questa condizione, da cui noi siamo stati rotti, non ha potuto piegarlo.
Perché, anche noi siamo rotti, vinti: anche se abbiamo saputo adattarci, anche se abbiamo finalmente imparato a trovare il nostro cibo e a reggere alla fatica e al freddo, anche se ritorneremo.
Abbiamo issato la menaschka sulla cuccetta, abbiamo fatto la ripartizione, abbiamo soddisfatto la rabbia quotidiana della fame, e ora ci opprime la vergogna. Ecco, questa è la più orribile, imperdonabile colpa del nazismo: l'aver voluto distruggere, giorno per giorno, la dignità, la carica umana nelle sue vittime; l'aver organizzato i campi di concentramento in modo tale che la morte colpisse uomini ormai domati, spenti.
Ma anche se in questo campo il nazismo ha senza dubbio avuto un terribile primato, non bisogna credere che sia stato l'unico potere organizzato che si sia posto simili obiettivi. Chiunque infatti opprima una razza o una classe o un popolo non importa con quali mezzi (la paura o il ricatto o la segregazione o la corruzione o la menzogna) persegue un unico scopo: quello di addormentare le coscienze, distruggere la dignità, togliere agli uomini la capacità di sdegnarsi e di reagire, rendere impossibile la protesta e la ribellione.

L'ultimo uomo - Primo Levi.
Il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti.