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Discussioni - Luke_Lucignolo_

#21
Cucina / Pesce spada mediterraneo & ...
Maggio 12, 2013, 08:18:36 PM
Stiamo finalmente abbracciando la stagione calda e, sicuramente, piatti a base di pesce, leggeri e SEMPLICI, ma molto saporiti, sono davvero adatti a questo periodo, che si fa desiderare tutto l'anno.
Il pesce, tra l'altro, andrebbe mangiato almeno 2-3 volte a settimana, viste le sue notevoli proprietà nutrizionali, tra cui gli omega 3, il fosforo e lo iodio, presente solo in modo scarso in altri alimenti: queste sostanze sono utili al sistema cardiocircolatorio e regolano, anche, le funzioni nervose e muscolari.
Pesce spada mediteranneo:
Premetto che a me lo spada non piace moltissimo: spero che nessuno mi insulti o mi salti addosso, ma l'ho sempre trovato un po' insignificante al palato.  ::) Questa ricetta, però, a mio avviso, lo valorizza in modo incredibile, coi profumi e i sapori mediterranei, restituendoci, paradossalmente, un piatto delicato e, al tempo stesso, saporito, gustoso. Il sughetto dei pomodori maturi, poi, renderà morbido ed appetitoso il pesce spada, che, notoriamente, tende a diventare un po' stopposo con la cottura. Una vera prelibatezza, che piacerà anche a chi non è un accanito estimatore del pesce spada (come me)!  :D
INGREDIENTI: Tranci di pesce spada FRESCO; pomodori maturi; sale; origano; olive; capperi; aglio; olio.
PREPARAZIONE: Tagliare i pomodori a fette abbastanza sottili, e poi, ancora, trasversalmente, quasi a "dadi". In una piccola ciotola, rimescolarli con l'origano ed il sale. Adagiare su di una teglia leggermente oliata i tranci di pesce spada fresco, aggiungere un po' di sale, e ricoprire il pesce con: i pomodori, già rimescolati all'origano, le olive, i capperi, un filo d'olio.
Infine aggiungiamo l'aglio, che può essere adagiato, tagliato a metà o in 4 parti, sopra ogni trancio di spada, oppure tritato finemente e spolverato in cima. Come preferite! Personalmente preferisco la prima opzione: così, una volta cotto, toglierete facilmente il pezzetto di spicchio d'aglio dal vostro trancio di spada.
Chi non ama l'aglio, lo ometta!
La versione meridionale prevede anche la mozzarella, ma, come gusto personale, preferisco DECISAMENTE senza. Cuocere a 180° per 15-20 minuti.
#22
Cronaca / Auguri a tutte le mamme del mondo!
Maggio 12, 2013, 12:12:51 PM
Oggi è la festa della mamma, una ricorrenza annuale che appartiene, praticamente, a tutto il mondo, celebrata in onore delle madri, del loro ruolo, della loro influenza.

I più grandi, magari, dedicheranno fiori o dolci, i più piccoli graziosi disegni colorati: un pensiero, una frase da parte dei figli di tutto il mondo andrà alle loro mamme, che nella non semplice quotidianità gestiscono famiglie, crisi, fatiche, con grinta e, a volte, nel silenzio degli altri.
Ammirevole è la campagna dell'Amref (African Medical and Research Foundation), volta alla tutela delle mamme, in particolare di quelle africane, per ridurre di un quarto la loro mortalità: in occasione del 12 maggio, infatti, l'Ong, che si propone di migliorare la salute in Africa attraverso il coinvolgimento delle comunità locali, attiva lo: "Stand up for african mothers" ("Alziamoci per le madri africane"), con l'obiettivo di formare ostetrici che arginino il pericolo di morte per le donne dell'Africa subsahariana. Ogni giorno, infatti, centinaia e centinaia di donne africane periscono per dare alla luce un figlio, causando un considerevole numero di orfani.
Smorzando i toni, è dedicato alla festa della mamma anche il "doodle", il logo del più famoso motore di ricerca del web, che ci ha offerto, simpaticamente, un piccolo gioco animato.  ::)
La "Festa della mamma", ufficializzata nel '900, affonda sicuramente le sue radici nelle millenarie tradizioni e celebrazioni di fertilità e maternità.
Questa festa accomuna praticamente il globo intero: essa si è diffusa in molti Stati del mondo, ma non compare in un unico giorno dell'anno, uguale per tutti. Da Stato a Stato cambiano, infatti, le date in cui è festeggiata.
Ad esempio, è celebrata la seconda domenica di maggio, ovvero oggi, in USA, Italia, Ucraina, Svizzera, ed ancora in Australia, Austria,  Belgio,  Brasile,  Canada, Cile, Cina, Colombia,  Cuba,  Croazia,  Rep. Ceca,  Danimarca,  Estonia,  Finlandia,  Germania,  Grecia,  Ecuador,  Hong Kong,  Giappone,  Islanda,  Lettonia,  Malta,  Malesia,  Paesi Bassi,  Porto Rico,  Nuova Zelanda,  Perù,  Filippine,  Singapore,  Slovacchia,  Stati Uniti,  Sudafrica, Taiwan,  Turchia, Uruguay, Ucraina,  Venezuela,  Nigeria.
Negli Stati Uniti, a fine '800, fu un'attivista pacifista, autrice, tra l'altro, del testo della celebre canzone "Battle Hymn of the Republic", a proporre l'istituzione del "Mother's Day for Peace", soprattutto come motivo di riflessione sull'abominio della guerra, ma non ottenne successo. Successivamente, ai primi del '900, Anna Jarvis ha celebrato, in onore della madre, quella che tuttora rappresenta la moderna festa della mamma, il "Mother's Day", semplificando la dicitura comparsa a fine '800 ed estendendo il suo significato, dando una valenza piuttosto affettiva e facilmente condivisibile.
In ogni caso, anche la madre della Jarvis, in onore della quale venne celebrato il memoriale, fu un'attivista a favore della pace e forte promotrice della "Festa della mamma", esattamente come la prima donna che propose la festività. Tra le altre date, inizialmente si pensò di fissare la festa il 9 maggio, giorno in cui morì la madre di Anna Jarvis, ma questa scelta non si impose a lungo. In ogni caso, da quel momento in poi, la celebrazione della Jarvis diventò popolarissima e fu ufficializzata come festività civile nel 1914 dal presidente Wilson, che la definì: "espressione pubblica di amore e gratitudine per le madri".
Lo stesso presidente degli USA Wilson, nel 1918, ultimo anno della Prima guerra mondiale, pronuncerà il famoso discorso dei "14 punti", rimarcando, ancora una volta, il suo atteggiamento democratico e mostrandosi un fermo promotore di pace, uguaglianza, libertà.
Con il passare del tempo, un po' come accade a tutte le grandi festività, anche la "Festa della mamma" è diventata sempre più commerciale.
Da noi, in Italia, negli anni '50, Zaccari, senatore e sindaco di Bordighera, e Pallanca, presidente dell'Ente Fiera del Fiore e della Pianta Ornamentale di Bordighera-Vallecrosia, maturarono l'idea di introdurre il "Mother's day", che fu celebrato proprio a Bordighera, in Liguria, in provincia di Imperia, la seconda domenica di maggio del 1956; un anno dopo la festa si tenne anche in Umbria, ad Assisi. Nel 1958 Zaccari, insieme ad altri, propose un disegno di legge volto ad istituire tale festa come nazionale, una festività che da fissa (8 maggio) è, recentemente, diventata mobile, ossia celebrata la seconda domenica di maggio, come all'origine dell'evento.

Luke
#23
Scuola e università / "Qual è" e "com'è"
Maggio 08, 2013, 04:03:17 PM
Fin da piccoli ci sono state consegnate alcune regole di uso corrente, come: "su qui e su qua l'accento non va, su lì e su là l'accento ci va". Memori di queste norme grammaticali, ovviamente, ricordiamo che "qual è" non vuole l'apostrofo, "com'è", invece, sì.
Talvolta, però, nello scritto, capita di trovare: "qual'è"; è corretto o errato?
"Qual'è" stride fortemente con le regole della nostra grammatica che, se fosse una persona, sicuramente digrignerebbe i denti.
"Qual è" è troncamento: non si usa l'apostrofo.
Cercherò, ora, di spiegarne il motivo: e per capirne la ragione, bisogna osservare il comportamento dell'aggettivo "quale" di fronte a consonante. Infatti "quale" si trova nella forma isolata e tronca "qual", in espressioni come: "nel qual caso", "in un certo qual modo", "qual buon vento", "per la qual cosa".
Lo stesso vale per "tale", che riscontriamo nella forma isolata e tronca "tal", in espressioni come: "tal cosa", "tal dei tali", "nel tal giornale".
Per questa ragione "qual" e "tal" costituirebbero un troncamento (non vogliono, cioè, l'apostrofo), di fronte a consonante (come visto prima: nel qual caso, in un certo qual modo, qual buon vento, per la qual cosa, tal cosa, tal dei tali, nel tal giornale) e di fronte a vocale (qual è, tal è).
Forma corretta: "qual è".
Forme errate: "qual'è; quale è".
"Quale è" è accettabile solo se si dà risalto a "quale", per esempio in ambito filosofico.
"Com'è", invece, è elisione: si usa l'apostrofo.
Il motivo è molto intuitivo: basta osservare il comportamento dell'aggettivo "come" di fronte a consonante. E se "quale" e "tale", come visto prima, di fronte a consonante, esistono nelle forme isolate e tronche "qual" e "tal", diversamente la congiunzione "come" non contempla alcun troncamento.
Di conseguenza "come", trovandosi di fronte a vocale, vede per forza la caduta della "e", caduta che va segnata e sottolineata con l'apostrofo: ed ecco che si ha la famosa elisione.(Diversamente, invece, "quale" e "tale", comparendo nelle forme tronche "qual" e "tal", di fronte a vocale non possono assistere alla caduta della "e"; con "qual" e "tal" non bisogna usare l'apostrofo, essendo già troncamento).
Forma corretta: "com'è".
C'è sempre stata un'immensa diatriba grammaticale in merito alla questione dell'elisione e del troncamento, una discussione, sostanzialmente, tra "vecchio" e "nuovo".
Grandi scrittori quali Vasco Pratolini e Alberto Moravia hanno sempre usato la forma corretta e tronca: "qual è", altri invece aboliscono il troncamento e scrivono: "qual'è", affermando che certe regole sono appartenenti alla storia e che nessuno, ormai, pronuncerebbe più espressioni dantesche come: "qual maraviglia!", ma piuttosto direbbe: "quale meraviglia!".
#24
Le parole che terminano coi gruppi "-cìa" e "-gìa" con la "ì" tonica (accentata) al plurale fanno "-cìe" e -gìe".
Esempi:
farmacìa --> farmacìe;
bugìa --> bugìe.
Le parole che terminano coi gruppi "-cia" e "-gia" preceduti da vocale al plurale fanno "-cie" e "-gie".
Esempi:
camicia --> camicie;
acacia --> acacie;
battigia --> battigie;
ciliegia --> ciliegie.
Le parole che terminano coi gruppi "-cia" e "-gia" preceduti da consonante, con la "i" non tonica (non accentata), al plurale fanno "-ce" e "-ge".
Esempi:
arancia --> arance;
provincia --> province;
spiaggia --> spiagge.
Questa distinzione è nata a partire dalla seconda metà del '900: attualmente dovrebbero essere accettati come corretti anche quei plurali basati su criterio etimologico.
Esempio:
provincia --> plurale grammaticale (secondo le regole prima esposte): province;
               --> plurale etimologico: provincie (dal latino: "provinciae").
Il plurale "provincie", ad esempio, è utilizzato nel testo originario della Costituzione italiana: "Le Regioni, le Provincie, i Comuni" e, essendo "plurale etimologico", sarebbe accettabile ancora oggi, assieme al plurale grammaticale: "province".
La famosa scrittrice Oriana Fallaci ha "sovvertito" le regole prima descritte nel titolo del suo ultimo libro, postumo: "Un cappello pieno di ciliege". In latino "ciliegia" è "cerasum": quindi, in questo caso, non sussisterebbe la regola alternativa e accettabile del "plurale etimologico", ma è soltanto corretto dire: "ciliegie" (gruppo -gia preceduto da vocale).
#25
Il mondo assiste ad una vera e propria abdicazione: non un umano rifiuto, come quello di Papa emerito Benedetto XVI, ma piuttosto un decisivo "passaggio di consegne".

Dopo la solita, elegante passerella di tutti i Reali del mondo e a seguito di una tradizionale e sontuosa cerimonia d'investitura, per Guglielmo d'Olanda è giunto il momento di giurare fedeltà e di impugnare lo scettro del Paese: la Regina Beatrice ha abdicato, infatti, in favore del figlio, dopo 33 anni di regno, convinta e fiduciosa nel consegnare la corona ad una nuova generazione.  ::)
Alle spalle della rinnovata monarchia pesa un'antica e solenne eredità storica, che vanta una serie di omonimie: la dinastia olandese fu, in origine, un ramo del Casato tedesco di Nassau, che si fuse con la potente famiglia d'Orange, di origine borgognona. Ricordiamo Guglielmo I d'Orange, quasi omonimo dell'odierno Re dei Paesi Bassi: egli fu capo degli Olandesi durante la Guerra d'Indipendenza dagli Spagnoli, la famosa: "Guerra degli ottant'anni", che portò al riconoscimento della Repubblica delle Sette Province Unite. E non possiamo certo dimenticare che un membro della casata olandese divenne persino re d'Inghilterra, nella persona di Guglielmo III, compiendo la Gloriosa rivoluzione, ai danni del cattolico Giacomo II Stuart.
Un altro Guglielmo è, da un paio di giorni, Re: accanto al suo trono, troviamo l'esuberante e apprezzata Maxima, sua consorte, di origini argentine, che è diventata la nuova sovrana dei Paesi Bassi.
L'ultrasettantenne Regina madre, Beatrice, ha perso nel 2002 il marito ed è rimasta particolarmente scossa dal coma del figlio, Johann, fratello di Guglielmo, vittima di un drammatico incidente sulla neve.
Durante l'incoronazione, oltre all'assenza di Johann, dovuta a cause di forza maggiore, si è notata quella del padre di Maxima, la nuova monarca: anche lui non era, infatti, presente al fastoso evento, essendo, attualmente, sotto inchiesta per "complicità civile", in quanto ministro dell'Agricoltura durante la spietata dittatura di Videla, in Argentina.  :-X
Il "passaggio di consegne" alla Casa reale d'Orange-Nassau è così avvenuto, in mezzo a drammi e a procedimenti investigativi che riguardano, direttamente o indirettamente, la grande famiglia olandese.
Guglielmo, oltre ad essere, dall'alto della sua mezz'età, il sovrano più giovane d'Europa, è anche il primo sovrano maschio, da oltre un secolo, in Olanda: si rompe, in questo modo, una secolare ed insolita tradizione di monarchi femminili.   

Luke
#26
"Black swan – Cigno nero": un film dal potente e disturbante impatto emotivo, introspettivo, un "thriller" psicologico che sfuma in violente tinte "horror" ed erotiche.

Straordinaria è stata l'interpretazione di Natalie Portman, che ha meritatamente vinto l'oscar nel 2011: la sua è stata una prova importante, sia come attrice che come ballerina. Oltre ad essersi duramente allenata, recuperando gli studi di danza abbandonati, l'attrice ha scavato profondamente dentro di sé: il viaggio psicologico di Nina, la protagonista, raggiunge, infatti, i meandri più profondi dell'anima, le nascoste pieghe di un "io" sempre più frammentato, fino ad approdare a quell' ignoto lato oscuro, così dannatamente represso, che emerge, alla fine, nel perfetto e fatale sdoppiamento; l'essere di Nina è violentemente squarciato da un varco incommensurabile, che si apre in lei, incessante, e si sublima in una splendida ed inquietante metamorfosi, resa dal regista anche esteriore, per un maggiore e più efficace impatto sullo spettatore.  :o
L'attenzione di Aronofsky si concentra proprio su questo lato "malvagio" che la protagonista ha sempre posseduto, inconsciamente, dentro di sé, ma che ha costantemente inibito, vittima delle opprimenti cure della madre: è quell'oscura sensualità che, inizialmente, Nina non scorge in sé, ma solo nella sua rivale, vedendo in lei quel "Cigno nero", quell' "io maligno" che non riesce ancora a raggiungere, traguardo necessario se vorrà interpretare alla perfezione gli antitetici ruoli imposti dal balletto. E intanto un'insolita oscurità emerge e cresce, sempre più prepotentemente, dalle profondità del suo essere, un male inasprito e represso che, con rabbia e devastazione, prenderà il sopravvento, senza che lei, quasi, se ne possa rendere conto, fino ad esserle crudelmente fatale, in un progressivo e sempre più intenso "climax": e in questa terribile confusione di oscuri "ii", uno buono e due malvagi, solo apparentemente distinti, Nina crederà di uccidere la sua rivale, colpendo in realtà se stessa.  :-X
"Black swan" è un "film" potente, sotto ogni punto di vista, un "film" che non è stato totalmente apprezzato dalla critica, a causa di alcune scelte, molto spinte, del regista: tutto, però, a mio avviso, rientra in una più grande e complessa dimensione, "fatta" di lacerato essere e di follia, che sfocerà nell'inevitabile e distruttiva metamorfosi della protagonista.
E penso proprio che Aronofsky sia riuscito nel suo arduo intento cinematografico: anche se, a volte, ha ecceduto in immagini crude e truculente, il regista ha comunque saputo mettere in risalto le indiscutibili doti recitative della Portman, conferendo alla pellicola tutta la drammaticità, la tensione e il "pathos" di cui necessitava.
E così l'attrice, da alcuni erroneamente ritenuta algida ed inconsistente, nel 2011 è stata insignita del più prestigioso "oscar" ed ha avuto uno splendido riscatto, donandoci la sua magistrale interpretazione e rivelandosi eccellente "strumento" recitativo, valorizzato ancor più dalle abili mani di Aronofsky. La sua carriera cinematografica, comunque, anche prima di questo ambito traguardo, non si poteva certo definire "acerba": la Portman ha, infatti, debuttato a soli quattordici anni, con la notevole interpretazione in: "Leon", ed ha poi proseguito i suoi studi, anche in teatro, scegliendo attentamente i suoi ruoli e recitando in pellicole come: "Star Wars", "Closer", "V per vendetta", "L'ultimo inquisitore"; certamente, con il discusso e drammatico "Cigno nero", si può affermare, senza ombra di dubbio, che la sua figura interpretativa sia decisamente sbocciata, raggiungendo un ragguardevole livello artistico.
Accanto ai suoi studi cinematografici e teatrali, si affiancano e si annoverano anche quelli universitari e linguistici: ricordiamo, infatti, che Natalie Portman è laureata ad Harvard, proprio in "Psicologia", e che è una vera poliglotta (parla correntemente l'ebraico e l'inglese, conosce il francese, il tedesco, il giapponese e da alcuni anni si dedica allo studio dell'arabo).
Ho trovato un'intervista rivolta all'attrice in occasione della premiazione agli "Oscars": è interessante leggere il suo commento personale sul personaggio che ha interpretato e devo dire che, ancora una volta, non smentisce la sua brillantezza ed elasticità intellettuali.
È interessante constatare quante possano essere le interpretazioni ed i tagli da dare ad un film come questo, che lascia molto spazio alla rielaborazione personale. Riporto alcuni frammenti dell'intervista:
- Nina, il suo personaggio, è una persona che ammira o compatisce?
"Nina ispira probabilmente entrambi i sentimenti: l'ammiro per la sua passione, ma ovviamente sento una gran compassione per il suo stato mentale fragile e per la sua identità frammentata. E una delle cose più belle del film è che può essere interpretato in tanti modi diversi. Io lo vedo come la storia di una giovane ragazza che cresce, diventa donna e uccide la versione infantile di se stessa per far emergere la donna. Per me la fine del film non è una morte, come hanno visto molti, ma una trasformazione".
- "Il Cigno nero" sin dal titolo indaga il labile confine fra purezza e perversione, lo riscontra lei nel reale?
Quello che Nina desidera è la perfezione, e come tutti gli artisti è disposta a distruggersi per trovarla, come me. Anche io sono precisa, molto critica con me stessa, penso sia normale voler dare sempre il massimo quando sai che puoi farlo e che dipende solo da te. Lo stesso vale per Nina: quando cerca di diventare il Cigno nero, qualcosa di oscuro inizia a crescere dentro di lei e si trasforma in una crisi di identità.
- Ma, al di là di Nina, Natalie Portman si sente più Cigno bianco o nero?
Preferirei non definirmi in nessuno dei due modi, posso dire che per artisti e ballerini concentrarsi tanto su un unico obiettivo può diventare una virtù, ma poi c'è sempre un lato più oscuro, un aspetto poco salutare, in cui puoi perderti completamente. Vincent Cassell nel film suggerisce al mio personaggio che l'unico modo per diventare artisti è provare piacere, per poi ritrovare questo piacere nell'arte. Ecco, io la vedo esattamente nello stesso modo. Il Cigno bianco secondo me è chi cerca di piacere sempre agli altri, mentre il nero piace a se stesso in modo molto oscuro. Ed io aspiro a fare cose per piacere a me stessa, non agli altri.

Che dire: spero presto di vederla, come molti sussurrano, nelle vesti di Jackie Kennedy, ruolo in cui, sicuramente, darà prova del suo talento e della sua eleganza.

Luke
#27
Scaloppine (fettine) di vitello saporite e molto semplici

INGREDIENTI: scaloppine (fettine) di vitello; farina; olio; una noce di burro; prezzemolo; aglio; sale; pepe; salsa di soia; marsala secco.
PROCEDIMENTO: Far sciogliere in una capiente padella una noce di burro con un po' d'olio ed aggiungere prezzemolo e aglio, tritati con la mezzaluna. Infarinare le scaloppine e, appena l'olio soffrigge, adagiarvi le fettine infarinate. Scottare la carne da ambo i lati, aggiungere sale e pepe, alzare la fiamma e sfumare prima con un po' di salsa di soia, poi con un bicchierino di marsala secco, che va fatto evaporare.
In un attimo il piatto è pronto e vi assicuro che merita! Il marsala dà il tocco di classe!

Luke
#28

Il nome "shiba" letteralmente vuol dire "piccolo": questa splendida razza è molto antica (tra il 6000 a.C. e il 300 a.C.) e una caratteristica che hanno, in genere, le razze primitive è quella di vivere molto intensamente i passaggi da un'età all'altra. Tra l'infanzia (2-3 mesi) e l'adolescenza (6 mesi – 1 anno) lo shiba, infatti, vive un periodo di sfida, una vera e propria ribellione, sia con gli altri cani che con le persone sconosciute. Dopo i 2 anni il carattere si forma pienamente, si equilibra, si tranquillizza.
Lo shiba è tipico dei monti giapponesi, in particolare quelli affacciati sul mare ed è stato decretato "monumento nazionale" del Giappone tra il 1936 e il 1937; questa razza aveva quasi rischiato di estinguersi, ma fu fortunatamente salvata, in tempo, da alcuni allevatori e dottori. Grazie alla sua agile, resistente, atletica, veloce e minuta costituzione fisica, in passato veniva utilizzato per cacciare piccoli animali e uccelli. Tuttora, pur nelle sue piccole dimensioni, possiede una muscolatura incredibile, grande eredità dei suoi antenati cacciatori. Sono molto caratteristici i suoi occhi, triangolari e scuri, con gli angoli interni accentuati, le sue orecchie, anch'esse di forma triangolare e la coda, alta e più o meno arricciata. Il suo portamento è leggero e vivace, il suo carattere attivo, ma generalmente silenzioso, poco rumoroso. Lo shiba sa anche apprezzare la solitudine ed è festoso con chi gli è amico e confidente, mostrando, invece, indifferenza e diffidenza con chi non conosce o non lo calcola, fino a diventare un po' "snob". Non è, infatti, mai invadente o inopportuno con un ospite, ma generalmente elegante, educato e rispettoso. Può, talvolta, essere possessivo, indipendente e cocciuto, ma con la sua famiglia esprime tutta la sua simpatia, fedeltà e affetto.
È proverbiale la sua pulizia: lo shiba è ordinato, avendo un senso di "proprietà" molto sviluppato, sporca solo fuori, fin dalla più tenera età e non perde pelo. È essenziale insegnargli fin da subito le regole di casa, che apprende immediatamente, senza difficoltà, e che devono essere condivise da tutti, altrimenti lo shiba diventerà un intrattabile despota. Ama moltissimo e instancabilmente i giochi ed i bambini, se viene abituato, fin da subito, a stare a contatto con loro. È un buon guardiano, che avverte, abbaiando, solo se necessario.
Il suo pelo è molto simile a quello di un "peluche" e può sfumare in varie tonalità, tra cui il rosso, il nero focato, il sesamo, raro e antico colore, ed il bianco.

Luke
#29
Ciambella sofficissima con cuore e colata di cacao:

Ho preparato la ciambella tempo fa ed avevo dimenticato di fotografare anche la fetta tagliata, ma il cuore di cacao, ovviamente, c'è! Provare per credere. Per presentarla in modo più ordinato servitela, ovviamente, su di un piatto da portata diverso da quello dov'è avvenuta la colata di cacao. Ora passiamo agli ingredienti e al procedimento.
INGREDIENTI PER LA CIAMBELLA: 3 uova; 250 gr di zucchero; 130 gr di olio di semi; 130 gr di latte; 250 gr farina; un po' di rum o liquore (al cioccolato preferibilmente); vanillina e/o aroma di mandorla; 1 bustina di lievito; 2 cucchiai di cacao in polvere.
INGREDIENTI PER LO SCIROPPO AL CACAO: 125 ml di acqua; 100 gr di zucchero; cacao in polvere q.b. (1 cucchiaio).
PROCEDIMENTO PER LA CIAMBELLA: Sbattere in una ciotola tuorli e zucchero tritato, aggiungere l'olio di semi, il latte, la farina setacciata, un bicchierino di rum o di liquore (al cioccolato preferibilmente), vanillina e/o aroma di mandorla, bustina di lievito e albumi montati a neve.
A questo punto lasciare nella ciotola appena il fondo del composto e versarne ¾ nello stampo da ciambella, precedentemente imburrato. Aggiungere, poi, al restante ¼ (quello rimasto nella ciotola), 2 cucchiai di cacao in polvere. Dopo aver rimescolato, versare, circolarmente, sopra al composto chiaro, già adagiato nello stampo, quello scuro, appena preparato col cacao.
Questo tocco finale conferirà un cuore di cacao alla nostra ciambella.
Infine cuocere a 180° per 25 minuti circa.
PROCEDIMENTO PER LO SCIROPPO AL CACAO: In un pentolino, stemperare brevemente l'acqua, lo zucchero ed il cacao, fino ad avere una sorta di sciroppo.
Alla fine, quando la ciambella sarà intiepidita, bucherellarla in cima con uno stuzzicadenti o con uno spaghetto (intendo proprio la pasta, i classici spaghetti!) ed irrorarla con lo sciroppo, senza alcuna pietà. Lasciar riposare la ciambella per almeno un'ora, in modo che assorba bene il liquido e si umidifichi. Il risultato è sorprendente, pur non essendoci neanche una traccia di burro!
#30
Cucina / Crostata di fragole
Aprile 24, 2013, 01:11:03 PM
CROSTATA DI FRAGOLE!

PER LA COMPOSTA DI FRAGOLE (INGREDIENTI):
1 parte di zucchero (es. 250 g);
2 parti di frutta  (es. 500 g).
PER LA PASTA FROLLA (INGREDIENTI):
200 g di farina;
100 g di zucchero;
scorza grattugiata di limone e/o vanillina;
2 tuorli;
150 g di burro freddo.
COMPOSTA DI FRAGOLE (PROCEDIMENTO):
La ricetta di questa composta si presta benissimo a molti tipi di frutta (fragole, pesche, prugne,...).
Nel nostro caso, adagiamo le fragole e lo zucchero in un recipiente "pyrex", che poi mettiamo in forno microonde per circa 10 minuti, finché la frutta non si ammorbidisce e, quasi, si "caramella" con lo zucchero, dando un po' di succo.
Dopo aver lasciato leggermente intiepidire, frulliamo il tutto, usando il classico frullatore domestico e, in un pentolino, facciamo ritirare a fuoco medio - basso il composto ottenuto, finché non raggiunge una buona consistenza.
Infine si lascia raffreddare.
PASTA FROLLA (PROCEDIMENTO):
Versiamo la farina, lo zucchero (NON tritato, se no la frolla perde croccantezza), la scorza di limone e/o vanillina nel frullatore e diamo una veloce frullata. Aggiungiamo poi i tuorli, uno alla volta, e frulliamo ancora. È importante usare SOLO i tuorli, NON i bianchi, altrimenti la frolla risulterà dura e non certo friabile. Infine, come ultimo ingrediente, aggiungere il burro a tocchetti, rigorosamente FREDDO (è davvero importante che sia "gelido" da frigorifero) e dare la frullata finale, finché il burro non si compatta con gli altri ingredienti formando un composto prima farinoso e poi sempre più sodo. Quando si crea quasi una palla, spegnere il frullatore e versare sulla spianatoia per lavorare un po' la pasta, raccogliendo bene il residuo farinoso intorno ed amalgamando il tutto. Dopodiché dividiamo la frolla: 1/3 va momentaneamente posto in frigo, mentre i 2/3 servono per la base della crostata. Stendiamo, quindi, i 2/3 della pasta su di un foglio di carta forno con un mattarello e con l'aiuto di un  po' di farina. Adagiamo, poi, la carta forno su di un tegame, preferibilmente circolare, e rifiliamo i bordi di frolla in eccesso, aggiungendo la pasta così ottenuta nei lati in cui, magari, manca leggermente, in modo da avere un bel guscio di frolla. A questo punto versiamo la nostra composta di fragole, creando come un "velo" sulla pasta, non troppo sottile, né troppo spesso. Prendiamo, quindi, la frolla avanzata in frigo (l' 1/3 che avevamo messo da parte) e ricaviamone alcuni tocchetti da lavorare, volta per volta, con le mani (avanti e indietro) per creare le lunghe "dita" che poi adagiamo sulla crostata, così da ottenere le caratteristiche "bretelle": prima si adagiano le orizzontali, poi le verticali, o viceversa, in modo da avere la classica scacchiera. Poi, con una forchetta, esercitiamo un po' di pressione sui lati, così da creare il bordo della crostata. Lasciamo in frigorifero il maggior tempo possibile: mezz'ora, un'ora (anche una notte volendo). Quanto più resterà in frigo, tanto più risulterà buona: è davvero essenziale, per una perfetta riuscita, che al momento della cottura la crostata sia il più possibile FREDDA.
Infine poniamo il dolce nel ripiano basso del forno, ai classici 180°, per circa 25 minuti, finché la crostata non sarà dorata.
#31
Ultimamente viene trasmesso, il giovedì sera, un programma a mio avviso interessante, che costituisce praticamente l'unica trasmissione da me seguita in televisione.

Si chiama "The voice" e non mi dispiace affatto, perché per la prima volta, in un "talent show", viene messo in risalto ciò che essenzialmente conta in un cantante e che non sempre emerge in una società in cui l'essere spesso cede all'apparire: la voce.
Una trasmissione poco "televisiva" in tal senso e, forse, è proprio per questo motivo che mi piace.
È sbarcata in Italia un po' come è già successo con "X-Factor", anche se la trovo di qualità generalmente superiore.
Nelle "blind auditions" o audizioni al buio mi ha colpito l'idea di porre le poltrone girate, ascoltando  esclusivamente la voce e premendo il fatidico pulsante solo in caso di gradimento, così da osservare la fisicità e la presenza scenica dell'artista soltanto dopo aver apprezzato le sue doti vocali. Sono state, così, create quattro squadre musicali, capeggiate, ognuna, da un "coach" e da un "aiutante" musicale, figure volte a consigliare gli artisti scelti, migliorando le loro già promettenti capacità.
Sono state, quindi, allestite e disputate diverse "battles", duetti all'ultima nota tra membri di una stessa squadra e ci sono state, necessariamente, ulteriori selezioni, che hanno visto anche l'uscita di scena di talenti notevoli, essendo questi "duelli" organizzati sempre ad armi vocali pari.
Ciò che, però, mi affascina maggiormente della trasmissione è lei: Elhaida Dani, una talentuosissima ragazza albanese, di soli diciannove anni, finora sconosciuta a noi italiani.

Una vera "voice" che, grazie al palco di questo programma, è emersa prepotentemente, presentando ai provini l' "impossibile" pezzo di Jessie J: "Mamma knows best", un'energica canzone dalle inclinazioni "blues" e "jazz", a cui Elhaida ha saputo conferire un'ancor più elettrizzante veste "rock".  :o
Che dire: un'interpretazione decisamente impressionante, che lascia davvero senza parole; questo perché Elhaida è riuscita a reinterpretare e quasi a superare la già difficile versione originale, cantando con una sicurezza estrema, forte di un'agilità vocale e di un'estensione a dir poco devastanti; sembrava quasi divorarsi le note, mentre queste scivolavano rapidamente, con irrefrenabile energia, richiudendosi e arrotolandosi su se stesse, per poi precipitare e risalire, fino alle vette più intangibili, in un'incessante cascata ed ascesa di suoni.
A soli diciannove anni Elhaida è già un portento di voce, personalità e presenza scenica: è straordinaria, devastante, con un controllo vocale che di rado si riscontra attualmente.
Basta ascoltarla per essere immediatamente travolti da quel potentissimo "tornado" che è la sua voce.
Una voce che tutto può.
E non è certo semplice mettere pienamente in risalto la sua immensità, trovando pezzi adatti ad esprimere così numerose e notevoli doti.
A seguito dell'incredibile "performance" di Elhaida ho poi scoperto, senza stupirmi eccessivamente, che la ragazza, "asso nella manica di Cocciante" (il "coach" che lei stessa ha scelto), è stata anche vincitrice del talent show "Star Academy" del 2009, del Top Fest 2012 e miglior cantante in altri rinomati "festivals", giungendo persino alle semifinali della selezione albanese per l' "Eurovision Song Contest" del 2012.
Le sue sono interpretazioni molto differenti, che spaziano ovunque, da "Mamma knows best" di Jessie J a "Listen" di Beyoncé, fino ad arrivare alla struggente "Caruso" di Lucio Dalla.
Forse, la partecipazione a "The Voice" potrebbe essere, per lei, un trampolino di lancio, il punto di svolta definitivo di una già brillante e ben definita carriera professionale, davvero esemplare per una ragazza così giovane.
E non posso che augurarmelo, dal profondo del cuore: Elhaida, dotata solo del talento della sua voce, è venuta in Italia, conquistando cuori e menti, a dispetto di chi ancora ignora l'emergere degli stranieri meritevoli, talvolta esclusi dalla società italiana a causa di leggi tanto ataviche quanto inutili.
Nel duello, che l'ha vista ovviamente vincente, in sfida con una brava cantante di origini americane, sono emersi altri aspetti e accenti melodici che ancora non avevo notato in Elhaida, quali il suo gusto musicale, la sua eleganza, il suo saper gestire ed incanalare l'emozione, dalla prima all'ultima nota, in modo incantevole, passando dai registri più dolci a quelli più aggressivi, dalle note più basse e penetranti a quelle più acute e squarcianti, accarezzando e, talvolta, graffiando l'ascoltatore.
Una voce, insomma, eclettica e multiforme, che ben si adatta alle varie circostanze.
La canzone proposta era, questa volta, "No more tears (Enough is enough)", portata al successo, a suo tempo, dalle titaniche Barbra Streisand e Donna Summer, interpretata nella "battle" da Elhaida Dani e Francesca Bellenis.
Prossimo appuntamento coi primi "live shows", questa settimana: e non mancherò di certo alla terza fase del programma!

Luke
#32
Questa è una storia pressoché folkloristica, che ritengo, però, molto affascinante e suggestiva, al di là di ogni veridicità.
Una storia che riguarda la mia città, consacrata da Petrarca come: "la Superba" e "Regina dei mari"; Genova era ed è tuttora un luogo dalla prepotente quanto "scabra" bellezza, come affermava il poeta Montale, sottolineando sempre l'essenzialità di questa terra, talvolta riarsa, nella quale, ogni tanto, egli schiudeva brevi "varchi", momentanei squarci di luminosa pienezza.
Una terra "chiusa", costretta e "pigiata" tra mare e monti, volta all'incessante ricerca di maggiore spazio, spesso recuperato con sforzo e fatica, attraverso ingegnosi terrazzamenti; una città che, in passato, vantava certamente una posizione di spicco tra le Repubbliche marinare e per la quale il mare ha sempre costituito una preziosissima risorsa. 
Questa che sto per raccontarvi, però, è una storia umile, semplice, propria di un'antica, ma non lontanissima quotidianità.
Un racconto che, di certo, ha poco a che vedere con l'illustre passato storico del capoluogo ligure, se non per l'ambientazione nel Centro storico cittadino, tra i più grandi e rinomati d'Europa, con i suoi distintivi e stretti vicoli ombrosi, detti "caruggi".
Questa è la storia dell'anziana e bizzarra signora di Vico dei Librai, un'antica strada che, a seguito del secondo conflitto mondiale, è scomparsa dal tracciato urbano.
Ci troviamo proprio nei pressi del Centro storico di Genova, vicino alla casa di Cristoforo Colombo e alle famose Mura del Barbarossa, erette mille anni fa per scongiurare il pericolo d'invasione da parte dell'imperatore Federico I di Svevia.
Proprio qui, nei pressi di luoghi densi di storia, attraversando Via Ravecca o angusti "caruggi" come Vico San Salvatore, i passanti incontrarono, nel 1989, una vecchietta: si trascinava, quasi a stento, con un bastone ed indossava abiti di un altro tempo, di foggia sorpassata, trasandati e obsoleti, una lunga gonna nera e un fazzoletto in testa; in dialetto genovese, con uno strano e dimenticato accento, domandava, poi, indicazioni per arrivare in Vico dei Librai.
"Non trovo la strada! Sapreste indicarmela?".
L'espressione era spaesata e confusa, il tono concitato ed ansioso.
Gli interlocutori la guardarono perplessi, un po' per il suo aspetto anacronistico, un po' perché nessuno, neanche chi era nato e vissuto in quei luoghi, conosceva la via da lei disperatamente cercata.
Tutti erano pensierosi, perché alla mente non sovveniva nulla.
E appena i passanti girarono l'angolo, questa vecchina scomparve.
Che dire! Siamo in una città in cui le strade hanno nomi pieni d'incanto: arti e mestieri sono abbondantemente rappresentati dai nostri Vicoli, un groviglio di viuzze, da Via Orefici fino alla zona del Porto antico; là troviamo Vico dei Caprettari, buio "caruggio" da cui emerge, splendente, la vetrina di un'antica bottega.
Ma quel Vico dei Librai tanto desiderato dalla misteriosa vecchina proprio non esiste.
Tempo dopo, un ragazzo stava passeggiando con il suo cane ed aveva bisogno di qualche spicciolo: incontrò nel suo cammino una signora dall'età avanzata e chiese a lei; la donna aprì prontamente il suo borsellino, ne estrasse una banconota e la donò al giovane; girato l'angolo, il ragazzo guardò ciò che aveva tra le mani e si accorse, sorpreso, che erano 100 lire del 1943.
Una volta, in una giornata nevosa, ella entrò in un bar, chiese un bicchiere di latte caldo e se ne andò.
Sul bancone aveva lasciato quel famoso borsellino: il barista corse fuori a cercarla, invano.
Fuori, sulla neve fresca, non c'erano impronte.
Tra le sue mani, però, restò il portafoglio, contenente banconote ormai fuori corso da molti anni, le stesse che la vecchina donò a quel ragazzo, le stesse che lasciò in elemosina a un uomo bisognoso di carità.
Queste si sono, in seguito, rivelate autentiche.
Un'altra ragazza racconta di essere stata fermata da una signora anziana: a giudicare dall'aspetto trasandato sembrava voler chiedere l'elemosina, ma invece domandava indicazioni per raggiungere Vico dei Librai. La giovane stava per rispondere, ma in quel momento incontrò un' amica che le domandò con chi stesse parlando. La donna dice di essersi voltata, subito dopo, e di non aver più visto l'anziana signora, come se fosse svanita nel nulla.
Molte altre persone, anche quelle al di sopra di ogni sospetto in fatto di scetticismo, affermano di aver incontrato la strana signora, nelle occasioni più strane e disparate.
Dopo le prime frequenti e misteriose apparizioni, fu interpellata una "medium", alla quale si presentò un'entità: questa diceva di chiamarsi Maria Benedetti; nel 1944, durante la guerra, era uscita di casa per far la spesa, ma era stata colta da un malore e si era accasciata sui gradini di un portone, morta. Quando si ridestò, non rendendosi conto della nuova situazione, convinta che fossero trascorsi solo pochi secondi, cominciò a girare per il quartiere, cercando la sua dimora.
Vico dei Librai è una strada che, oggi, non esiste più a Genova: è stata rasa al suolo dalle bombe che caddero durante la Seconda Guerra Mondiale, esattamente come l'intera zona di Via Madre di Dio.
Un vero e proprio scempio.
Il tutto è stato completamente ricostruito negli anni '70.
La misteriosa signora, quindi, cerca qualcosa che non può avere, ma sempre ritorna, domandando frettolosamente aiuto: molti sostengono che continui ad apparire ogni cinque anni, alla ricerca di quella casa che non troverà mai più.
Qualcosa è certo a Genova: ormai chi vede l'irrequieta vecchina non si vergogna affatto di raccontarlo.
Si raccolgono testimonianze ogni anno e non fanno certamente più clamore: tutti gli abitanti del Centro storico conoscono la storia e molti non hanno alcuna difficoltà a credervi.
Ormai la vecchina di Vico dei Librai è una vera e propria leggenda nel Centro cittadino.
Persino a chi spesso passa, dopo il tramonto e preferibilmente durante gelide giornate invernali, in Stradone S. Agostino o in Piazza Negri è capitato di incontrarla: così si dice.
Al di là della veridicità di alcune testimonianze e del fatidico intervento della "medium", resta, comunque, la potente suggestione di una storia, a cui va data nuova vita.
Questo è un racconto che commuove, dal sapore amaro e nostalgico, una vicenda di focolare e di rimpianto che mi ha restituito un'emozione, un brivido, indipendentemente dal fatto che sia vera o meno.
Credo fortemente che sia giusto apprezzare le tradizioni o il folklore regionali, ricchi di sentimenti, perché sono parte della nostra storia, della nostra cultura. Perché sono parte di noi.
Mi ha toccato l'immagine di questa signora, un po' bizzarra e per nulla disincantata, che mai si è resa conto della sua morte; questa è sopraggiunta improvvisamente, senza poter prevedere nulla.
Mi ha colpito il suo vagare, confuso e spaurito, per i "caruggi" genovesi.
Ma, soprattutto, mi ha affascinato la profonda semplicità della vicenda e della persona; ella, uscita di casa, come d'abitudine, per far provviste, si è improvvisamente accasciata a terra, esanime, e poi ha creduto di rialzarsi, poco dopo, come se la vita e la morte fossero un'unica, immensa dimensione, di cui, ingenuamente, non ha saputo distinguere il confine: ed è così che, ancora oggi, la vecchina scivola, lenta e inesorabile, sugli stretti "caruggi", senza mai avere pace, alla vana ricerca di quel perduto rifugio che non troverà mai.
Tuttora c'è chi fermamente crede all'esistenza dell'inquieto fantasma; magari, più probabilmente, la memoria comune ha tramandato  e modificato, anno dopo anno, questo toccante racconto, in ricordo delle più drammatiche pagine della nostra storia.
La vicenda, in ogni caso, invita tutti noi a non dimenticare gli avvenimenti del passato, presentandosi come leggendaria e commovente testimonianza degli orrori della guerra.
Tutto ciò mi ha avvinto, al di là di ogni presunta veridicità.

Luke
#33
Presentazioni / Un saluto a tutti
Aprile 19, 2013, 04:28:55 PM
Eccomi qua: mi presento.  :o Sono Luke. "Una delle poche cose, anzi forse la sola che io sapessi", come diceva un certo Pirandello.
Perchè alla fine, in fondo, cosa sappiamo davvero di noi stessi? Direi quasi nulla, a parte il nome, ovviamente. Un nome, peraltro fittizio, che i Latini consideravano un presagio e che ci è stato palesemente attribuito alla nascita.
Tranquilli: non è mia intenzione indurvi al sonno o, ancor peggio, risvegliare nella vostra mente agghiaccianti ricordi scolastici.
Però permettetemi di dirvi almeno questo: non è proprio facile descrivere se stessi! Anzi, forse, risulta una delle prove più difficili a cui una persona si possa sottoporre, in assoluto.  :-\
Per chiunque è molto più semplice e immediato descrivere gli altri, giudicarli a partire da un'impressione, giusta o sbagliata che sia.
È qualcosa di spontaneo, istintivo, che spesso facciamo senza quasi accorgercene.
Ed ancora più frequentemente abusiamo di questa immediatezza, giungendo ad affrettate conclusioni.
Troppo spesso, infatti, ci troviamo a giudicare gli altri, magari attribuendo loro quello che in realtà riguarda noi oppure esprimendo sommativi giudizi.
Prima di guardarci intorno, dovremmo sempre scavare dentro di noi, in profondità. E qui si pone un altro problema, abissale, insormontabile: se è difficile capire gli altri, lo è ancora di più comprendere se stessi.
Io per primo, molte volte, non mi capisco: capita. Ma nonostante tutto, nonostante i piccoli o grandi problemi che sono parte della vita quotidiana, cerco di affrontare ogni singolo giorno con la maggiore spensieratezza possibile e, qualche volta, con un pizzico di follia, accompagnato dall'amicizia, dall'amore, da un sorriso.
Questo è ciò che posso dire di me, ma già so che verrebbe sovvertito da chiunque, anche tra un attimo. È tutto talmente soggettivo che nessuna convinzione è per sempre.
Ognuno dà forma al mondo e alla realtà in un modo che è tutto suo, e di nessun altro.
È questo l'aspetto più affascinante dell'essere umano ed è proprio per questo che mi piace scrivere, perché la scrittura, come tante altre forme d'espressione, è qualcosa di assolutamente personale, che tenta di svelare il proprio mondo, il proprio stile, la propria essenza; è appagante trovare sempre nuove forme d'espressione, in qualsiasi campo, sperimentando continuamente, anche con diverse modalità.
Ciò che conta è esprimere se stessi, in ogni modo, lecito e possibile, con quel senso che è solo nostro, anche se destinato a scoprirsi presto illusione.
Tutto questo ha un valore immenso, "umano" ... ovviamente per me!

Ciao a tutti! :)

Luke