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L'angolo delle Favole

Aperto da LaDeA, Febbraio 26, 2012, 01:29:18 PM

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LaDeA

La gobba del cammello
Nel principio degli anni, quando il mondo era ancora nuovo, nuovo, e gli animali cominciavano appena a lavorare per l'Uomo, vi era un Cammello, che viveva in mezzo a un gran deserto, perché non voleva lavorare; un Cammello che, straordinariamente pigro, mangiava piuttosto stecchi e spine e tamarischi e bacche ed erbacce; e quando qualcuno gli faceva qualche osservazione, rispondeva "Ob!" con disprezzo, che voleva dire "ohibò!"
Proprio: "Ob!" e niente altro.
Ora il Cavallo andò da lui, un lunedi mattina, con una sella sul dorso e un morso in bocca, e gli disse:
- Cammello, o Cammello, esci e trotta come facciamo noi.
- Ob! - rispose il Cammello. E il Cavallo andò via a raccontarlo all'Uomo.
Andò poi da lui il Cane, con una mazza in bocca, e gli disse:
- Cammello, o Cammello, vieni a cacciare e a portare in bocca come faccio io.
- Ob! - brontolò il Cammello. E il Cane andò via a raccontarlo all'Uomo.
Andò poi da lui il Bue, col giogo sul collo e gli disse:
- Cammello, o Cammello, vieni ad arare come faccio io.
- Ob! - rispose il Cammello. E il Bue andò via a raccontarlo all'Uomo.
Alla fine del giorno, l'Uomo chiamò il Cavallo, e il Cane e il Bue insieme e disse loro:
- Mi dispiace per voi tre (col mondo ancora così nuovo); ma quell'Ob nel deserto non sa lavorare; se no, ora sarebbe qui. Cosi io sto per lasciarlo solo, e voi dovrete lavorare il doppio per far quello che non fa lui.
Allora i tre si adirarono molto (chè il mondo era allora cosi nuovo) e tennero una conferenza sul confine del deserto, alla quale anche il Cammello intervenne, ruminando tamarischi, incredibilmente pigro; e deridendo gli adunati, disse: "Ob!" e scappò. Ora venne il Genio, l'incaricato di tutti i deserti, rotolando in una nuvola di polvere (i Genii viaggiano sempre a quel modo, per incantesimo) e si fermò a discutere coi tre.
- Genio di tutti i deserti - disse il Cavallo, - ha qualcuno il diritto di essere pigro, col mondo ancora nuovo così?
- Certamente no - rispose il Genio.
- Ebbene - soggiunse il Cavallo, - v'è un tale in mezzo al deserto, col collo lungo e le gambe lunghe, che non ha fatto il benché minimo lavoro da lunedi mattina in poi. Egli non vuole trottare.
- Ah! - esclamò il Genio fischiando. - E che dice?
- Lui dice "Ob" - rispose il Cane - e non vuole né cacciare né portare.
- E non risponde altro?
- No: soltanto "Ob!"; e non vuole arare - disse il Bue.
- Benissimo - concluse il Genio. - Se avete la pazienza di aspettare un minuto, vedrete che cosa gli toccherà. Metterà la gobba!
Il Genio si avvolse nel suo mantello di polvere, e presa la giusta direzione attraverso il deserto, trovò il Cammello incredibilmente pigro, occupato a guardar la sua immagine in una pozza d'acqua.
- O lungo e gorgogliante amico - gli disse il Genio, - perché non vuoi lavorare in un mondo ancora cosi nuovo?
Ob! - rispose il Cammello.
Il Genio sedette in terra, col mento nella mano, e cominciò a pensare a un grande incantesimo, mentre il Cammello continuava a guardare la propria immagine nella pozza d'acqua.
- Tu hai dato ai tre un lavoro maggiore da lunedi mattina in poi, a cagione della tua incredibile pigrizia - disse il Genio; e continuò a pensare all'incantesimo col mento nella mano.
- Ob! - brontolò il Cammello.
- Se fossi in te, non lo direi un'altra volta - disse il Genio. - Caro mio, bisogna che tu lavori. - E il Cammello rispose: - Ob! - Ma l'aveva detto appena, che la schiena, della quale andava cosi orgoglioso, cominciò a gonfiarsi e a diventare una gobba mostruosa. - Vedi questa? - disse il Genio. - E il tuo stesso "Ob" e te la sei fabbricata con la pigrizia. Oggi è giovedi, e tu non lavori da lunedi, cioè da quando il lavoro è incominciato. Ora va' a lavorare.
- Come posso andarci - disse il Cammello - con questo "Ob" sulla schiena?
- Anzi, con codesto "Ob" - disse il Genio - tu puoi lavorare ora per tre giorni senza mangiare, perché ti nutri del tuo "Ob"; e non dire che io non abbia fatto nulla per te. Esci dal deserto e va' dai tre, e compòrtati da galantuomo. E di' "Ob" a te stesso. - Il Cammello disse: "Ob" a se stesso, e si mosse per raggiungere i tre. Da quel giorno il Cammello porta sempre l'"Ob" (noi lo chiamiamo gobba); e non s'è rifatto mai dei tre giorni perduti nel principio del mondo; e ancora non ha imparato a comportarsi come si conviene.
Di Rudyard Kipling.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

Consuelo

C'era una volta una grande città con palazzi e alte mura, governata da un re. Un giorno vi giunse uno scienziato e si fece assumere come insegnante in una delle scuole più importanti. Costui era in grado di trasformare in oro qualsiasi vile metallo. La notizia si sparse e arrivò alle orecchie del re che lo volle al suo cospetto e gli chiese se la notizia era vera. Lo scienziato negò. Il re si arrabbiò molto, lo interrogò ancora, ma siccome questi continuava a negare lo fece rinchiudere nei sotterranei del castello.

Dopo qualche tempo il re, fingendosi un prigioniero, si fece rinchiudere insieme allo scienziato e lo invitò a confidarsi con la massima fiducia. Questi, rassicurato, confidò al re di sapere effettivamente trasformare i metalli in oro e spiegò il procedimento.


Il re si allontanò, poi lo fece chiamare e gli raccontò dell'inganno. Lo scienziato fu molto contrariato e quando tornò a casa scrisse molte copie sulle quali spiegava il procedimento e poi le diffuse nelle case della città. Ben presto tutti furono in grado di trasformare il metallo in oro e tutti divennero incredibilmente ricchi. Ma con la ricchezza si diffuse la pigrizia, la negligenza e il grano che nessuno aveva più divenne così caro che ogni chicco era venduto a peso d'oro.

Poi non ci fu più grano e la gente moriva di fame. La terra improvvisamente crollò, le mura caddero e la città adesso non è più abitata da nessuno.
Capisci l'importanza di quella persona quando non è con te.
Se ti manca, allora è davvero importante.

LaDeA

I Vestiti nuovi dell'Imperatore.
Molti anni fa viveva un imperatore che amava tanto avere sempre bellissimi vestiti nuovi da usare tutti i suoi soldi per vestirsi elegantemente. Non si curava dei suoi soldati né di andare a teatro o di passeggiare nel bosco, se non per sfoggiare i vestiti nuovi. Possedeva un vestito per ogni ora del giorno e come di solito si dice che un re è al consiglio, così di lui si diceva sempre: È nello spogliatoio!

Nella grande città in cui abitava ci si divertiva molto; ogni giorno giungevano molti stranieri e una volta arrivarono due impostori: si fecero passare per tessitori e sostennero di saper tessere la stoffa più bella che mai si potesse immaginare. Non solo i colori e il disegno erano straordinariamente belli, ma i vestiti che si facevano con quella stoffa avevano lo strano potere di diventare invisibili agli uomini che non erano all'altezza della loro carica e a quelli molto stupidi.

Sono proprio dei bei vestiti! pensò l'imperatore. "Con questi potrei scoprire chi nel mio regno non è all'altezza dell'incarico che ha, e riconoscere gli stupidi dagli intelligenti. Sì, questa stoffa dev'essere immediatamente tessuta per me! e diede ai due truffatori molti soldi, affinché potessero cominciare a lavorare.

Questi montarono due telai e fecero fìnta di lavorare, ma non avevano proprio nulla sul telaio. Senza scrupoli chiesero la seta più bella e l'oro più prezioso, ne riempirono le borse e lavorarono con i telai vuoti fino a notte tarda.

Mi piacerebbe sapere come proseguono i lavori per la stoffa pensò l'imperatore, ma in verità si sentiva un po' agitato al pensiero che gli stupidi o chi non era adatto al suo incarico non potessero vedere la stoffa. Naturalmente non temeva per se stesso; tuttavia preferì mandare prima un altro a vedere come le cose proseguivano. Tutti in città sapevano che straordinario potere avesse quella stoffa e tutti erano ansiosi di scoprire quanto stupido o incompetente fosse il loro vicino.

Manderò il mio vecchio bravo ministro dai tessitori pensò l'imperatore lui potrà certo vedere meglio degli altri come sta venendo la stoffa, dato che ha buon senso e non c'è nessuno migliore di lui nel fare il suo lavoro.
Il vecchio ministro entrò nel salone dove i due truffatori stavano lavorando con i due telai vuoti. Dio mi protegga! pensò, e spalancò gli occhi non riesco a vedere niente. Ma non lo disse.

Entrambi i truffatori lo pregarono di avvicinarsi di più e chiesero se i colori e il disegno non erano belli. Intanto indicavano i telai vuoti e il povero ministro continuò a sgranare gli occhi, ma non potè dir nulla, perché non c'era nulla. "Signore! pensò  forse sono stupido? Non l'ho mai pensato ma non si sa mai. Forse non sono adatto al mio incarico? Non posso raccontare che non riesco a vedere la stoffa.

Ebbene, lei non dice nulla! esclamò uno dei tessitori.

È splendida! Bellissima! disse il vecchio ministro guardando attraverso gli occhiali. Che disegni e che colori! Sì, sì, dirò all'imperatore che mi piacciono moltissimo!

Ne siamo molto felici! dissero i due tessitori, e cominciarono a nominare i vari colori e lo splendido disegno. Il vecchio ministro ascoltò attentamente per poter dire lo stesso una volta tornato dall'imperatore, e così infatti fece.
Gli imbroglioni richiesero altri soldi, seta e oro, necessari per tessere. Ma si misero tutto in tasca; sul telaio non giunse mai nulla, e loro continuarono a tessere sui telai vuoti.

L'imperatore inviò poco dopo un altro onesto funzionario per vedere come proseguivano i lavori, e quanto mancava prima che il tessuto fosse pronto. A lui successe quello che era capitato al ministro; guardò con attenzione, ma non c'era nulla da vedere se non i telai vuoti, e difatti non vide nulla.
Non è una bella stoffa? chiesero i due truffatori, spiegando e mostrando il bel disegno che non c'era affatto.

Stupido non sono pensò il funzionario;  dunque la carica che ho che non è adatta a me? Mi sembra strano! Comunque nessuno deve accorgersene! e così lodò la stoffa che non vedeva e li rassicurò sulla gioia ch  colori e il magnifico disegno gli procuravano. Sì, è proprio magnifica, riferì poi all'imperatore.
Tutti in città parlavano di quella magnifica stoffa.

L'imperatore volle vederla personalmente mentre ancora era sul telaio. Con un gruppo di uomini scelti, tra cui anche i due funzionari che già erano stati a vederla, si recò dai furbi truffatori che stavano tessendo con grande impegno, ma senza filo.

Non è magnifica?  esclamarono i due bravi funzionari. Sua Maestà guardi che disegno, che colori!» e indicarono il telaio vuoto, pensando che gli altri potessero vedere la stoffa.
Come sarebbe! pensò l'imperatore. Io non vedo nulla! È terribile! sono forse stupido? o non sono degno di essere imperatore? È la cosa più terribile che mi possa capitare. Oh, è bellissima!, esclamò ha la mia piena approvazione! e ammirava, osservandolo soddisfatto, il telaio vuoto; non voleva dire che non ci vedeva niente. Tutto il suo seguito guardò con attenzione, e non scoprì nulla di più; tutti dissero ugualmente all'imperatore: È bellissima, e gli consigliarono di farsi un vestito con quella nuova meravigliosa stoffa e di indossarlo per la prima volta al corteo che doveva avvenire tra breve. Magnifica, eccellente!  esclamarono l'uno con l'altro, e si rallegrarono molto delle loro parole. L'imperatore consegnò ai truffatori la Croce di Cavaliere da appendere all'occhiello, e il titolo di Nobili Tessitori.
Tutta la notte che precedette il corteo i truffatori restarono alzati con sedici candele accese. Così la gente poteva vedere che avevano da fare per preparare il nuovo vestito dell'imperatore. Finsero di togliere la stoffa dal telaio, tagliarono l'aria con grosse forbici e cucirono con ago senza filo, infine annunciarono:

Ora il vestito è pronto.

Giunse l'imperatore in persona con i suoi illustri cavalieri, e i due imbroglioni sollevarono un braccio come se tenessero qualcosa e dissero: Questi sono i calzoni; e poi la giacca - e infine il mantello! e così via. La stoffa è leggera come una tela di ragno! Ai potrebbe quasi credere di non aver niente addosso, ma e proprio questo il suo pregio.
Sì, confermarono tutti i cavalieri, anche se non potevano vedere nulla, dato che non c'era nulla.

Vuole Sua Maestà Imperiale degnarsi ora di spogliarsi? dissero i truffatori - Così le metteremo i nuovi abiti proprio qui davanti allo specchio. L'imperatore si svestì e i truffatori fìnsero di porgergli le varie parti del nuovo vestito, che stavano terminando di cucire; lo presero per la vita come se gli dovessero legare qualcosa ben stretto, era lo strascico, e l'imperatore si rigirava davanti allo specchio.

Come le sta bene! come le dona! dissero tutti. Che disegno! che colori! È un abito preziosissimo!

Qui fuori sono arrivati i portatori del baldacchino che dovrà essere tenuto sopra Sua Maestà durante il corteo! annunciò il Gran Maestro del Cerimoniale.
Sì, anch'io sono pronto rispose l'imperatore. Mi sta proprio bene, vero? E si rigirò ancora una volta davanti allo specchio, come se contemplasse la sua tenuta.

I ciambellani che dovevano reggere lo strascico finsero di afferrarlo da terra e si avviarono tenendo l'aria, dato che non potevano far capire che non vedevano niente.

E così l'imperatore aprì il corteo sotto il bel baldacchino e la gente che era per strada o alla finestra diceva: Che meraviglia i nuovi vestiti dell'imperatore! Che splendido strascico porta! Come gli stanno bene! Nessuno voleva far capire che non vedeva niente, perché altrimenti avrebbe dimostrato di essere stupido o di non essere all'altezza del suo incarico. Nessuno dei vestiti dell'imperatore aveva mai avuto una tale successo.
Ma non ha niente addosso! disse un bambino. Signori, sentite la voce dell'innocenza! replicò il padre, e ognuno sussurrava all'altro quel che il bambino aveva detto.

Non ha niente addosso! C'è un bambino che dice che non ha niente addosso!
Non ha proprio niente addosso! gridava alla fine tutta la gente. E l'imperatore, rabbrividì perché sapeva che avevano ragione, ma pensò: Ormai devo restare fino alla fine. E così si raddrizzò ancora più fiero e i ciambellani lo seguirono reggendo lo strascico che non c'era.

Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

LaDeA

Il lupo e l'agnello
Lungo la sponda di una riva sono venute a bere due bestie: il lupo più in alto e, molto più in basso, l'agnello: pasto eccellente per quello scannatore vorace.
Il lupo vuol fare l'offeso.
- Perchè mi hai intorbidata l'acqua mentre bevevo?
E l'agnello tutto timoroso:
- Ma, scusami tanto, in che modo, se l'acqua che mi abbevera scorre giù da te? La cosa è troppo evidente.
- Sei mesi fa - riprende il lupo - hai detto male di me.
- Veramente non ero nato, all'ora.
- Perdinci, fù tuo padre il maldicente.
Così, lo afferra e lo sbrana.

Morale: Chi è più forte vuole avere tutto, anche la ragione.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

Consuelo

Un topo, un topo un po' tonto, che abitava in un campo, si stufò un giorno della sua casa; lasciò il podere, i covoni di grano, il suo buco e si mise a viaggiare.

- Com'è grande il mondo! Com'è spazioso! - esclamò appena uscito dal paese. - Guarda; laggiù ci sono gli Appennini; lì c'è il Caucaso...

Per lui un mucchietto di terra sollevata dalle talpe era una montagna.

Dopo qualche giorno, il viaggiatore arrivò a una spiaggia sulla quale il mare aveva lasciato un gran numero di ostriche.

In principio, appena le vide, il nostro topo credette che fossero dei grossi bastimenti e disse:

- Mio padre era proprio un gran poveraccio! Era così pauroso che non aveva il coraggio di viaggiare. Io, invece, ho già visto l'impero marittimo e ho attraversato il deserto in cui non c'era nulla da bere...

Il topo aveva imparato queste cose sentendole dire da un maestro di campagna e le ripeteva a casaccio; non era infatti uno di quei topi che diventano sapienti fino ai denti rodendo i libri.

Tra le ostriche chiuse, una si era aperta; e, sbadigliando al sole, rinfrescata da un dolce venticello, sorbiva l'aria, respirava, se ne stava sbocciata, bianca, grassa, gustosa a vedersi.

Il topo la scorse di lontano e disse tra sé:

- Che cosa vedo! Dev'essere roba da mangiare e se il suo colore non m'inganna oggi farò il pranzo più delizioso della mia vita.

Così dicendo, pieno di belle speranze, si avvicinò alla conchiglia, allungò un po' il collo e... di colpo l'ostrica si richiuse e il topo fu preso come al laccio. Ecco quel che capita agli ignoranti.
Capisci l'importanza di quella persona quando non è con te.
Se ti manca, allora è davvero importante.

LaDeA

La cicala e la formica
La cicala, dopo aver passato tutta l'estate a cantare, si trovò sprovvista di cibo.
Quando giunse l'inverno andò a piangere miseria dalla sua vicina formica e la pregò perché le desse in prestito alcuni granelli di cibo per sopravvivere fino alla nuova stagione.
- Ti restituirò il capitale con gli interessi, parola d'animale!
La formica, si sa, non presta volentieri il suo cibo e questo è il suo più piccolo difetto.
- Che facevi nella bella stagione? - disse a colei che le chiedeva il prestito.
- Giorno e notte cantavo per chi passava, se non ti dispiace.
- Cantavi? Me ne rallegro molto. Ebbeme, adesso balla.

Morale: chi nulla fa nulla ottiene.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

Consuelo

C'era una volta, un re molto ricco e potente.
Questo re aveva una figlia molto bella, che si chiamava Marina.
Marina amava moltissimo il mare.
Ogni mattina si recava in riva al mare, e restava lì ore e ore, incantata, guardando le onde che si infrangevano sugli scogli.
Un giorno il re suo padre, decise di darla in sposa ad un principe di un regno vicino.
Detto fatto, iniziò ad organizzare i preparativi per le nozze.
una mattina, mentre la principessa marina era seduta in riva al mare guardando le onde, vide apparire all'orizzonte un grande veliero tutto bianco.
Sul ponte del veliero vi era un principe, vestito di seta azzurra.
"Salve mia principessa! salutò il principe dal veliero.
"Sono il principe del regno vicino, il tuo futuro sposo. Tuffati Marina, sono venuto a prenderti in sposa!"
Marina rimase stupefatta.
"Ma come?" pensò: "Il mio principe, il mio futuro sposo viene così, dal mare, senza carrozze, senza paggi e senza onori?"
Ma poi, stregata dagli occhi fatati del giovane, che erano blu come il mare, la principessa si tuffò.
Non appena si fu tuffata il veliero e il principe sparirono come per incanto, e un'onda gigantesca la trascinò giù, giù, senpre più giù negli abissi marini.
la principessa si ritrovò in un palazzo tutto d'oro e di cristallo, popolato da conchiglie, piante marine e pesci colorati.
La regina di quel castello era mamma Sirena, una anziana sirena dal cuore buono, che siccome non aveva figli, desiderava tenere Marina con sè, come una figlia.
Mamma Sirena fece indossare alla principessa un mantello color del mare, e subito Marina si trasformò in una sirenetta.
Per impedire a Marina di fuggire dal suo castello, mamma Sirena le mise nei capelli un pettinino d'oro, e immediatamente Marina dimenticò tutto il suo passato: suo padre il re, il suo regno, i suo futuro sposo, tutti i ricordi furono cancellati.
Mamma sirena mise a guardia del castello incantato dei terribili pescecani, con l'ordine di non far entrare e uscire nessuno dal palazzo. Marina viveva felice nel castello di mamma sirena, giocava con i pesci, con i granchi, nuotava nei giardini di piante marine.
Fece amicizia con un grosso granchio che abitava nel giardino.
Questo granchio un giorno le disse:
"Marina, tu eri una principessa, promessa sposa a un principe di un regno vicino a quello di tuo padre. Mamma Sirena ti tiene prigioniera qui, devi fuggire al più presto, altrimenti, resterai qui per tutta l'eternità."
"Ma cosa dici!" disse Marina.
"Io sono una sirenetta, sono figlia di mamma Sirena, ho sempre vissuto qui con lei e non sono mai stata una principessa."
Allora il granchio capì, le strappò con la sua tenaglia il pettinino fatato dai capelli, e così improvvisamente Marina ricordò ogni cosa.
"Dobbiamo fuggire!"
disse la sirenetta.
"Sali sulla mia groppa, ti porterò via di qui" disse il granchio.
E così fecero.
Marina salì in groppa al granchio che, attraversando un passaggio segreto nel castello, la portò in mare aperto.
Mamma Sirena però, si accorse presto che la sirenetta era sparita, e ordinò ai pescecani di inseguire il granchio.
Il granchio, con la sirenetta in groppa, correva più veloce che poteva verso la riva, ma i pescecani nuotavano più veloci di lui e presto lo avrebbero raggiunto e divorato.
Mentre stavano per raggiungere il granchio, accadde un fatto incredibile.
Una gigantesca onda fece scomparire i pescecani, e al loro posto comparve mamma Sirena, con gli occhi tristi.
"Cara mamma Sirena" disse Marina.
"Tu sei stata tanto gentile con me, ma io devo tornare da mio padre, che sicuramente sarà disperato dal dolore per la mia scomparsa, e poi io sono promessa sposa a un principe."
Allora mamma Sirena, che aveva il cuore buono, sorrise, tolse il mantello color mare alla sirenetta, e questa ridiventò immediatamente una splendida fanciulla.
Poi mamma Sirena toccò con la sua bacchetta magica il granchio, che si trasformò un un bellissimo principe.
"Ecco Marina, lui è il tuo futuro sposo" disse mamma Sirena.
"Vi avevo fatto un incantesimo, perché mi sentivo sola e volevo tenervi tutti e due con me nel mio castello.
Mi avete fatta felice con la vostra compagnia, però ora è giusto che vi sposiate. Ecco Marina, questo è il mio regalo di nozze." e così dicendo mamma Sirena diede alla principessa una grande conchiglia.
"Questa conchiglia contiene una perla bellissima, che vi porterà tanta fortuna.
Fatemi una promessa.
La prima figlia che avrete dovrete chiamarla Perla, sarà la principessina più bella e buona del regno."
I due giovani promisero, abbracciarono mamma Sirena che sparì nelle onde.
I due principi tornarono ai loro rispettivi regni, con la gioia dei genitori che disperavano ormai di ritrovarli.
Dopo pochi giorni furono celebrate le nozze, e così vissero felici e contenti, ebbero tanti figli e la prima figlia la chiamarono Perla, come avevano promesso a mamma Sirena.
Capisci l'importanza di quella persona quando non è con te.
Se ti manca, allora è davvero importante.

LaDeA

IL Negromante.
C'era una volta un re, che aveva una figlia in età da marito. La ragazza non voleva affatto sposarsi, ma il re, essendo ormai vecchio, era deciso a trovargliene uno di suo gradimento. Le mostrò i ritratti di giovani nobili, ma nessuno piacque alla sua incontentabile figliola.  Pensò allora di organizzare una festa con tanti invitati, tra i quale lei potesse scegliere il giovane più bello. Alla festa tanti giovani si presentarono alla principessa, chiedendole di ballare, ma lei rifiutava sempre. Stanco, il re le chiese di decidersi e la figlia promise che avrebbe sposato colui che si fosse presentato da lei.  Si presentò un signore ben vestito che la invitò a ballare. La principessa accettò e tutti applaudirono. Il giovane si dichiarò di essere il re dei Reali di Francia.  Fu organizzato il matrimonio; soltanto dopo le nozze il giovane svelò alla sposa di essere un negromante e non il re dei reali di Francia. Per scioglierla dal vincolo matrimoniale, disse, occorrevano sette fratelli di mestiere diverso. La chiuse in cima alla torre e la legò al letto. Intanto il re si ammalò. Non avendo notizie della figliola, ragionava con una colomba, sperando che potesse portargli notizie della figlia. La colomba volò a lungo e si posò sulla torre e vide la principessa legata a un letto. Le si avvicinò e le disse che il re l'aveva mandata a cercare notizie.
La colomba le propose di toglierle una penna dalle ali, di scrivere con il sangue notizie sul suo grembiule bianco. Su quel grembiule la poveretta scrisse di essere sposata a un negromante che, per liberarla, richiedeva sette fratelli di diversa professione; scrisse di essere legata al letto e di non avere più pace. Legò il pezzo di grembiule all'ala della colomba, che volò via. Il re si mise a cercare i sette fratelli e, per fortuna, si presentarono a lui sette fratelli specializzati ciascuno in un'arte particolare.
Il primo, poggiando l'orecchio per terra, riusciva a sentire ciò che accadeva nel mondo; il secondo, sputando per terra, riusciva a formare un fiume; il terzo era in grado di togliere un uovo alla gallina senza che se ne accorgesse; il quarto riusciva a salire le muraglie senza cadere; il quinto riparava le macine per aria; il sesto era in grado di scavare un abisso fra sè e gli altri; il settimo, battendo una mazzetta per terra, faceva nascere un palazzo.
Il re inviò i sette fratelli contro il negromante. Il primo mise l'orecchio per terra e vide il negromante addormentato. Quello che scalava le muraglie salì sulla torre. Colui che riusciva a togliere l'uovo alla galline sciolse la regina senza che il negromante lo sentisse. Ma il primo, che vedeva tutto, scoprì che il negromante s'era svegliato e non aveva trovato la moglie legata al letto.  Cominciò a correre (essendo un diavolo correva velocissimo) e stava per raggiungere i sette fratelli. Il secondo, sputando per terra, pose un fiume tra loro e il malvagio. Ma il negromante aveva già attraversato il fiume e si avvicinava sempre più. Allora uno di loro, battendo la mazzetta per terra, fece sorgere un palazzo; si rifugiarono in esso per non essere presi dal negromante. Ma lui si trasformò in un bellissimo uccello e volò vicino alla regina, la quale disse: Che bel canarino e lo accarezzò, ma l'uccello si trasformò e riapparve il negromante.
Il fratello che sapeva scavare abissi fece il vuoto dietro di sé, lasciando il negromante sbalordito, mentre loro correvano a perdifiato e raggiunsero il palazzo reale. A quel punto il negromante, disperato, si strappò i capelli dalla rabbia. Il re vide che la sua figliola stava benino e tutto contento organizzò una festa e ricompensò bene i sette fratelli.

Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

Consuelo

Quando l'alba si levava, si levava in sulla sera, quando il passero parlava c'era... una vedova maritata ad un vedovo. E il vedovo aveva una figlia della sua prima moglie e la vedova aveva una figlia del suo primo marito. La figlia del vedovo si chiamava Serena, la figlia della vedova si chiamava Gordiana. la matrigna odiava Serena ch'era bella e buona e concedeva ogni cosa a Gordiana, brutta e perversa. La famiglia abitava un castello principesco, a tre miglia dal villaggio, e la strada attraversava un crocevia, tra i faggi millenari di un bosco; nelle notti di plenilunio i piccoli gnomi vi danzavano in tondo e facevano beffe terribili ai viaggiatori notturni. La matrigna che sapeva questo, una domenica sera, dopo cena, disse alla figlia: - Serena, ho dimenticato il mio libro di preghiere nella chiesa del villaggio: vammelo a cercare. - Mamma, perdonate... è notte. - C'è la luna più chiara del sole! - Mamma, ho paura! Andrò domattina all'alba... - Ti ripeto d'andare! - replicò la matrigna. - Mamma, lasciate venire Gordiana con me... - Gordiana resta qui a tenermi compagnia. E tu va'! Serena tacque rassegnata e si pose in cammino. Giunse nel bosco e rallentò il passo, premendosi lo scapolare sul petto, con le due mani. Ed ecco apparire fra gli alberi il crocevia spazioso, illuminato dalla luna piena. E gli gnomi danzavano in mezzo alla strada. Serena li osservò fra i tronchi, trattenendo il respiro. Erano gobbi e sciancati come vecchietti, piccoli come fanciulli, avevano barbe lunghe e rossigne, giubbini buffi, rossi e verdi, e cappucci fantastici. Danzavano in tondo, con una cantilena stridula accompagnata dal grido degli uccelli notturni. Serena allibiva al pensiero di passare fra loro; eppure non c'era altra via e non poteva ritornare indietro senza il libro della matrigna. Fece violenza al tremito che la scuoteva, e s'avanzò con passo tranquillo. Appena la videro, gli gnomi verdi si separarono da quelli rossi e fecero ala ai lati della strada, come per darle il passo. E quando la bimba si trovò fra loro la chiusero in cerchio, danzando. E uno gnomo le porse un fungo e una felce. - Bella bimba, danza con noi! - Volentieri, se questo può farvi piacere... E Serena danzò al chiaro della luna, con tanta grazia soave che gli gnomi si fermarono in cerchio, estatici ad ammirarla. - Oh! Che bella graziosa bambina! - disse uno gnomo. Un secondo disse: - Ch'ella divenga della metà più bella e più graziosa ancora. Disse un terzo: - Oh! Che bimba soave e buona! Un quarto disse: - Ch'ella divenga della metà più ancora bella e soave! Disse un quinto: - E che una perla le cada dall'orecchio sinistro ad ogni parola della sua bocca. Un sesto disse: - E che si converta in oro ogni cosa ch'ella vorrà. - Così sia! Così sia! Così sia!... - gridarono tutti con voce lieta e crepitante. Ripresero la danza vertiginosa, tenendosi per mano, poi spezzarono il cerchio e disparvero. Serena proseguì il cammino, giunse al villaggio e fece alzare il sacrestano perché la chiesa era chiusa. Ed ecco che ad ogni parola una perla le usciva dall'orecchio sinistro, le rimbalzava sulla spalla e cadeva per terra. Il sagrestano si mise a raccoglierle nella palma della mano. Serena ebbe il libro e ritornò al castello paterno.
Capisci l'importanza di quella persona quando non è con te.
Se ti manca, allora è davvero importante.