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L'angolo delle Favole

Aperto da LaDeA, Febbraio 26, 2012, 01:29:18 PM

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LaDeA

Le favole e le fiabe sono nate in tempi remoti e si sono tramandate di generazione in generazione; in esse possiamo trovare tracce di tradizioni, credenze, riti antichissimi. Il piacere di ascoltare o leggere le favole e le fiabe non ha tempo né età: basta abbandonarsi alla narrazione fantastica che dà emozioni.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

Consuelo

C'era una volta un cacciatore, che aveva comprato un fucile nuovo.
Una mattina ando' nel bosco per provare il suo nuovo fucile: voleva sparare a tutti gli uccellini che incontrava.
Arrivato nel bosco il cacciatore si nascose fra gli alberi, imbraccio' il fucile e comincio' ad aspettare con pazienza.
Non passo' molto tempo che vide arrivare una rondine.
Era una mamma rondinella che volava in cerca di cibo per i suoi rondinini.
Solitamente non si spara alle rondini, ma quel giorno il cacciatore era così ansioso di provare il suo nuovo fucile che avrebbe sparato a qualsiasi animale, e cosi' prese la mira sul povero uccellino.
Il fucile pero' era fatato, e quando vide la rondinella che andava in cerca di cibo per i suoi figliolini, si impietosi' e decise di non ucciderla.
Il cacciatore punto' il fucile, tiro' il grilletto e... phum!!!!! Il fucile emise un forte botto, ma nessun colpo parti'.
La rondinella volo' via spaventata ma... viva!
Passo' un altro uccellino, e di nuovo il cacciatore prese la mira, tiro' il grilletto e booom!!! un altro forte rumore ma nessun proiettile parti' dal fucile; anche questo uccellino volo' via sano e salvo.
"Ma cosa succede al mio fucile, non spara!" disse il cacciatore ed apri' l'arma per controllare che fosse tutto a posto.
Tutto nel fucile funzionava alla perfezione, l'uomo lo ricarico' con le cartucce nuove, e riprese a sparare agli uccellini.
Phum! Phum! Phum phum phum!!!!!! spara e spara ma non colpiva niente.
Il fucile faceva solo un gran fracasso, ma neanche un pallino usciva dalla canna.
Tutto quel rumore servi' solo a spaventare gli uccelli che, avendo capito che li' c'era un cacciatore, andarono tutti a nascondersi.
Dopo qualche minuto non vi era più' un uccellino in volo!
Il cacciatore si arrabbio'. "Maledizione! Questo dannato fucile non spara un solo colpo. Domani mi sentiranno in armeria!"
Stava per ricontrollare il fucile ma si blocco', bianco in volto per la paura.
Intorno a lui volava un insetto mostruoso.
Il cacciatore sapeva di essere allergico alle punture di insetto. Se quel mostro lo avesse punto, per lui non ci sarebbe stato scampo: lo avrebbe assalito uno shock anafilattico e sarebbe morto fra atroci dolori.
L'uomo era da solo, nel bosco non c'era nessuno a cui potesse chiedere aiuto, e quella mattina, nella fretta di uscire di casa per andare nel bosco a provare il suo nuovo fucile, aveva anche dimenticato di mettere la pomata per proteggersi dagli insetti e di prendere il cellulare; non poteva chiamare i soccorsi nel caso si fosse sentito male.
Penso' di uccidere l'insetto che gli ronzava ancora attorno minaccioso, ma aveva paura: se si fosse mosso e avesse sbagliato il colpo, il mostro lo avrebbe punto di sicuro per difendersi, e per lui sarebbe stata la fine.
"Mio Dio salvami!" prego' il cacciatore in preda al panico.
Ad un tratto senti' un frullìo d' ali., Vide arrivare in picchiata una rondine che... zac! Finalmente! Aveva trovato un ghiotto insetto da portare per pranzo ai suoi rondinini!
La mamma rondinella afferro' sicura l'insetto col becco e volo' via, verso il suo nido, dove la aspettavano affamati i suoi piccoli rondinini.
Il cacciatore tiro' un sospiro di sollievo. Ancora non riusciva a credere di essere scampato al pericolo mortale!
Aveva riconosciuto l'uccellino che lo aveva salvato; era la rondine che prima lui aveva tentato di abbattere col suo fucile.
"Meno male che non l'ho uccisa!" penso' il cacciatore con il cuore colmo di gratitudine.
In quel momento promise a se stesso e a Dio che mai più' avrebbe sparato a un animale.
Il cacciatore scavo' una buca, ci butto' dentro il fucile, copri' la buca con la terra e se ne torno' a casa, dalla sua famiglia, felice come non lo era mai stato, perche' si sentiva più' buono.
Passarono i mesi, gli anni.
Il fucile sotto la terra mise radici, e divento' un bellissimo albero, enorme, pieno di fiori e di frutti profumati.
Tanti uccellini fecero il nido fra i rami di quell'albero bellissimo, dove i proiettili dei cacciatori non arrivavano mai a colpirli.
Quando il vento soffiava fra i rami di quell'albero fatato, si udiva un canto che diceva cosi':
"io sono il fucile che non voleva sparare,
ad una rondine che volava nel cielo.
Cercava il cibo per i suoi rondinini,
e nel trovarlo salvo' il cacciatore:
ama la vita,
vivi col cuore!"
Capisci l'importanza di quella persona quando non è con te.
Se ti manca, allora è davvero importante.

LaDeA

Le tre figlie del Re
C'era una volta un re che, essendo molto vecchio e ormai vicino alla morte, decise di dividere il suo regno fra le sue tre figlie.
Chiamò la sua primogenita e le chiese:
- Quanto bene mi vuoi?
- Ti amo come amo l'argento - rispose la primogenita.
Il re fu molto felice di questa risposta e decise di donarle una parte del suo regno.
Poi chiamò la secondogenita le fece la stessa domanda e lei rispose:
- Ti amo più di tutto, ti amo come amo l'oro.
Il re, felice per la risposta, donò anche a lei una parte del suo regno.
In fine chiamò la terzogenita.
Alla domanda essa rispose:
- Non mi piace dirti bugie, voglio essere sincera: ti amo come amo il sale.
Il re si arrabbiò moltissimo per la risposta ricevuta, la cacciò e divise i suoi averi tra le due figle e la terza se ne andò in un altro paese dove trovò lavoro come serva di un principe.
Un giorno il principe organizzò una grande festa e invitò anche il re.
La principessa preparò il pranzo.
Quando tutto fu pronto, il principe diede inizio alla festa e tutti incominciarono a mangiare. C'era però qualcosa di strano nel cibo: mancava completamente il sale.
Allora il principe fece chiamare la fanciulla per chiedere spiegazioni.
Lei venne e disse:
- Non ho usato il sale per far capire che esso è una delle cose più importanti al mondo.
Il re capì solo allora quanto importante lui fosse per sua figlia.
La principessa si riappacificò con il padre e visse felice e contenta.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

LaDeA

C'era una piccola zanzara assai furba e spavalda. Stanca di giocare con le solite amiche, decise un giorno, di lanciare una sfida al Re della foresta. Si presentò così davanti al sovrano che era il leone e lo salutò con un rispettoso inchino. Il grande Re che era intento a schiacciare uno dei suoi pisolini più belli lungo la riva di un fiume, lanciò una distratta occhiata all'insetto. "Oh! Buongiorno".
Rispose Sua Maestà spalancando la bocca in un possente sbadiglio.
La zanzara disse: "Sire, sono giunta davanti a Voi per lanciarvi una sfida!" Il leone, un po' più interessato, si risvegliò completamente e si mise ad ascoltare.

'Voi " continuò l'insetto "credete di essere il più forte degli animali eppure io dico che se facessimo un duello riuscirei a sconfiggervi!" Il Sovrano divertito disse: "Ebbene se sei tanto sicura,proviamo!" In men che non si dica il piazzale si riempì di animali d'ogni genere desiderosi di assistere alla sfida. Il " Singolar Tenzone" ebbe inizio. L'insetto andò immediatamente a posarsi sul largo naso dell'avversario cominciando a pungerlo a più non posso. Il povero leone preso alla sprovvista tentò con le sue enormi zampe di scacciare la zanzara ma, invece di eliminarla, egli non fece altro che graffiarsi il naso con i suoi stessi artigli. Estenuato, il Re della foresta, si gettò a terra sconfitto. Così, la piccola zanzara fu acclamata da tutti i presenti. Levandosi in volo colma di gioia, la zanzara non si accorse però della tela di un ragno tessuta tra due rami e andò ad imprigionarvisi proprio contro. Intrappolato in quell'infida ragnatela l'insetto scoppiò in lacrime, consapevole del pericolo che stava correndo. Fortunatamente il leone, che aveva assistito alla scena, con una zampata distrusse la tela e liberò la piccolina dicendo:

"Eccoti salvata mia cara amica. Ricordati che esiste sempre qualcuno più forte di te! E questo me lo hai insegnato proprio tu!" La zanzara, da quel giorno imparò a tenere un po' a freno la propria spavalderia.

Le persone troppo sicure di sé riescono, a volte, a superare gli ostacoli più grossi ma inciampano spesso nelle difficoltà più piccole.

Favola Esopo.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

Consuelo

Un gatto chiamato Rodilardo  faceva tale strage di topi che non se ne vedevano quasi più intorno, tanto grande era il numero di quelli che aveva mandato alla sepoltura. I pochi rimasti., mancando loro il coraggio di lasciare i rifugi in cui si celavano, erano ridotti a non mangiare nemmeno il quarto di ciò che occorreva loro per sfamarsi e Rodilardo era considerato fra quella povera gente, non un gatto, ma un vero e proprio demonio.

Un giorno però, quel gatto si mise in viaggio per certe sue private faccende e, approfittando di questa lontananza, i topi superstiti si riunirono a congresso per discutere e trovare un rimedio al grande pericolo che li sovrastava. Dichiarata aperta la seduta, il decano, vecchio topo noto per la sua prudenza, espose che, a suo parere, si sarebbe dovuto trovare il modo di attaccare al più presto un sonaglio al collo di Rodilardo. Così, quando costui si sarebbe avviato alla solita caccia di roditori, i topi, preavvertiti dal suono avrebbero fatto in tempo a rifugiarsi nei loro buchi. Non sapeva suggerire altro ripiego migliore di questo e tutti i congressisti condivisero il saggio parere del signor decano.

La difficoltà consisteva nel fatto di riuscire ad appendergli il sonaglio al collo:

Uno disse:

"Io non ci vado; fossi pazzo!".                                                                       

Un altro mormorò:

"Non me ne sento capace".

La seduta fu sciolta senza venire a capo di nulla.

Ne ho visti anch'io di simili congressi che si sono riuniti per non approdare ad un bel niente. Congressi non di topi, ma di scienziati, e persino capitoli di canonici. Non mancano i buoni consiglieri quando si deve discutere, ma se si tratta di eseguire le decisioni prese, allora tutti si ritraggono indietro con qualunque pretesto.
Capisci l'importanza di quella persona quando non è con te.
Se ti manca, allora è davvero importante.

LaDeA

Un giorno, in un letamaio, un pollastro stava cercando qualcosa da poter beccare....Finalmente e con somma sorpresa trovo' una perla.....

"Tu" disse il pollastro "cosi' bella e preziosa sei qui abbandonata in un luogo cosi' indegno e puzzolente"!!!!
Se qualche avido Ti avesse notato prima di me, Tu saresti gia' tornata, da un pezzo, al Tuo vecchio splendore....
Ora, siccome e purtroppo per Te, Ti ho scoperto io....tieni presente, disse il pollastro, che avrei preferito di gran lunga qualcosa da mangiare e cosi' questo incontro non è servito ne a Te ne a me.

Irato e indispettito il pollastro diede un calcio alla povera perla e si rimise a razzolare per cercare qualcosa da mangiare.
Morale:

...le cose belle, per chi non le apprezza, non hanno alcun valore.

Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

LaDeA

Cenerentola.
C'era una volta un gentiluomo, il quale aveva sposata in seconde nozze una donna così piena di
albagia e d'arroganza, da non darsi l'eguale.
Ella aveva due figlie dello stesso carattere del suo, e che la somigliavano come due gocce d'acqua.
Anche il marito aveva una figlia, ma di una dolcezza e di una bontà da non farsene un'idea; e in
questo tirava dalla sua mamma, la quale era stata la più buona donna del mondo.
Le nozze erano appena fatte, che la matrigna dette subito a divedere la sua cattiveria. Ella non
poteva patire le buone qualità della giovinetta, perché, a quel confronto, le sue figliuole diventavano
più antipatiche che mai.
Ella la destinò alle faccende più triviali della casa: era lei che rigovernava in cucina, lei che
spazzava le scale e rifaceva le camere della signora e delle signorine; lei che dormiva a tetto,
proprio in un granaio, sopra una cattiva materassa di paglia, mentre le sorelle stavano in camere
coll'impiantito di legno, dov'erano letti d'ultimo gusto, e specchi da potervisi mirare dalla testa fino
ai piedi.
La povera figliuola tollerava ogni cosa con pazienza, e non aveva cuore di rammaricarsene con suo
padre, il quale l'avrebbe sgridata, perché era un uomo che si faceva menare per il naso in tutto e per
tutto dalla moglie.
Quando aveva finito le sue faccende, andava a rincantucciarsi in un angolo del focolare, dove si
metteva a sedere nella cenere; motivo per cui la chiamavano comunemente la Culincenere.
Ma la seconda delle sorelle, che non era così sboccata come la maggiore, la chiamava Cenerentola.
Eppure Cenerentola, con tutti i suoi cenci, era cento volte più bella delle sue sorelle, quantunque
fossero vestite in ghingheri e da grandi signore.
Ora accadde che il figlio del Re diede una festa da ballo, alla quale furono invitate tutte le persone
di grand'importanza e anche le nostre due signorine furono del numero, perché erano di quelle che
facevano grande spicco in paese. Eccole tutte contente e tutte affaccendate a scegliersi gli abiti e le
pettinature, che tornassero loro meglio a viso. E questa fu un'altra seccatura per la povera
Cenerentola, perché toccava a lei a stirare le sottane e a dare l'amido ai manichini. Non si parlava
d'altro in casa che del come si sarebbero vestite in quella sera.
"Io", disse la maggiore, "mi metterò il vestito di velluto rosso e le mie trine d'Inghilterra."
"E io", disse l'altra, "non avrò che il mio solito vestito: ma, in compenso, mi metterò il mantello a
fiori d'oro e la mia collana di diamanti, che non è dicerto di quelle che si vedono tutti i giorni."
Mandarono a chiamare la pettinatora di gala, per farsi fare i riccioli su due righe, e comprarono dei
nèi dalla fabbricante più in voga della città.
Quindi chiamarono Cenerentola perché dicesse il suo parere, come quella che aveva moltissimo
gusto; e Cenerentola die' loro i migliori consigli, e per giunta si offrì di vestirle: la qual cosa fu
accettata senza bisogno di dirla due volte.
Mentre le vestiva e le pettinava, esse dicevano:
"Di', Cenerentola, avresti caro di venire al ballo?..." .
"Ah, signorine! voi mi canzonate: questi non son divertimenti per me! "
"Hai ragione: ci sarebbe proprio da ridere, a vedere una Cenerentola, pari tua, a una festa da ballo."
Un'altra ragazza, nel posto di Cenerentola, avrebbe fatto di tutto per vestirle male; ma essa era una
buonissima figliuola, e le vestì e le accomodò come meglio non si poteva fare.
Per la gran contentezza di questa festa, stettero quasi due giorni senza ricordarsi di mangiare:
strapparono più di dodici aghetti per serrarsi ai fianchi e far la vita striminzita; e passavano
tutt'intera la santa giornata a guardarsi nello specchio.
Venne finalmente il giorno sospirato. Partirono di casa e Cenerentola le accompagnò cogli occhi più
lontano che poté: quando non le scorse più, si mise a piangere.
La sua Comare, che la trovò cogli occhi rossi e pieni di pianto, le domandò che cosa avesse.
"Vorrei... vorrei..." E piangeva così forte, che non poteva finir la parola.
La Comare, che era una fata, le disse:
"Vorresti anche tu andare al ballo, non è vero?".
"Anch'io, sì" disse Cenerentola con un gran sospirone.
"Ebbene: prometti tu d'essere buona?", disse la Comare. "Allora ti ci farò andare."
E menatala in camera, le disse: "Vai nel giardino e portami un cetriolo".
Cenerentola scappò subito a cogliere il più bello che poté trovare e lo portò alla Comare, non
sapendo figurarsi alle mille miglia come mai questo cetriolo l'avrebbe fatta andare alla festa di ballo.
La Comare lo vuotò per bene, e rimasta la buccia sola, ci batté sopra colla bacchetta fatata, e in un
attimo il cetriolo si mutò in una bella carrozza tutta dorata.
Dopo, andò a guardare nella trappola, dove trovò sei sorci, tutti vivi.
Ella disse a Cenerentola di tenere alzato un pochino lo sportello della trappola, e a ciascun sorcio
che usciva fuori, gli dava un colpo di bacchetta, e il sorcio diventava subito un bel cavallo: e così
messe insieme un magnifico tiro a sei, con tutti i cavalli di un bel pelame grigio-topo-rosato.
E siccome essa non sapeva di che pasta fabbricare un cocchiere:
"Aspettate un poco" disse Cenerentola "voglio andare a vedere se per caso nella topaiola ci fosse un
topo; che così ne faremo un cocchiere".
"Brava!" disse la Comare "va' un po' a vedere."
Cenerentola ritornò colla topaiola, dove c'erano tre grossi topi.
La fata, fra i tre, scelse quello che aveva la barba più lunga; il quale, appena l'ebbe toccato, diventò
un bel pezzo di cocchiere, e con certi baffi, i più belli che si fossero mai veduti.
Fatto questo, le disse:
"Ora vai nel giardino: e dietro l'annaffiatoio troverai sei lucertole. Portamele qui."
Appena l'ebbe portate, la Comare le convertì in sei lacchè, i quali salirono subito dietro la carrozza,
colle loro livree gallonate, e vi si tenevano attaccati, come se in vita loro non avessero fatto altro
mestiere.
Allora la fata disse a Cenerentola:
"Eccoti qui tutto l'occorrente per andare al ballo: sei contenta?".
"Sì, ma che ci devo andare in questo modo, e con questi vestitacci che ho addosso?"
La fata non fece altro che toccarla colla sua bacchetta, e i suoi poveri panni si cambiarono in vestiti
di broccato d'oro e di argento, e tutti tempestati di pietre preziose: quindi le diede un paio di
scarpine di vetro, che erano una meraviglia.
Quand'ella ebbe finito di accomodarsi, montò in carrozza: ma la Comare le raccomandò sopra ogni
altra cosa di non far più tardi della mezzanotte, ammonendola che se ella si fosse trattenuta al ballo
un minuto di più, la sua carrozza sarebbe ridiventata un cetriolo, i suoi cavalli dei sorci, i suoi
lacchè delle lucertole, i suoi vestiti avrebbero ripreso la forma e l'aspetto cencioso di prima.
Ella dette alla Comare la sua parola d'onore che sarebbe venuta via dal ballo avanti la mezzanotte.
E partì, che non entrava più nella pelle dalla gran contentezza.
Il figlio del Re, essendogli stato annunziato l'arrivo di una Principessa, che nessuno sapeva chi
fosse, corse incontro a riceverla, e offrì la mano per iscendere di carrozza, e la condusse nella sala
dov'erano gl'invitati.
Si fece allora un gran silenzio: le danze rimasero interrotte, i violini smessero di suonare, tutti gli
occhi erano rivolti a contemplare le grandi bellezze della sconosciuta.
Non si sentiva altro che un bisbiglio confuso, e un dire sottovoce: "Oh! com'è bella!...".
Lo stesso Re, per quanto vecchio, non rifiniva dal guardarla, e andava dicendo sottovoce alla
Regina, che da molti anni non gli era più capitato di vedere una donna tanto bella e tanto graziosa.
Tutte le dame avevano gli occhi addosso a lei, per esaminarne la pettinatura e i vestiti, e farsene fare
degli uguali per il giorno dopo, sempre che fosse stato possibile trovare delle stoffe così belle e delle
modiste così valenti.
Il figlio del Re la collocò nel posto d'onore: quindi andò a prenderla per farla ballare. Ella ballò con
tanta grazia, da far crescere in tutti lo stupore.
Fu servito un magnifico rinfresco, che il giovine Principe non assaggiò nemmeno, tanto era assorto
nel rimirare la bella sconosciuta.
Ella andò a porsi accanto alle sue sorelle: usò loro mille finezze: e fece parte ad esse delle arance e
dei cedri, che il Principe le aveva regalato; la qual cosa le meravigliò moltissimo, perché esse non la
riconobbero né punto né poco.
In quella che stavano discorrendo insieme, Cenerentola sentì battere le undici e tre quarti; e fatta
subito una gran riverenza a tutta la società, scappò via come il vento.
Appena arrivata a casa, corse a trovare la Comare, e dopo averla ringraziata, le disse che avrebbe
avuto un gran piacere di tornare anche alla festa del giorno dipoi, perché il figlio del Re l'aveva
pregata molto.
Mentre stava raccontando alla Comare tutti i particolari della festa, le due sorelle bussarono alla
porta: Cenerentola andò loro ad aprire.
"Quanto siete state a tornare!" disse ella stropicciandosi gli occhi e stirandosi come se si fosse
svegliata in quel momento. E sì, che ella non aveva avuto davvero una gran voglia di dormire,
dacché s'erano lasciate.
"Se tu fossi stata al ballo", le disse una delle sue sorelle "non ti saresti annoiata: vi è capitato la più
bella Principessa, ma di' pure la più bella che si possa vedere al mondo: essa ci ha fatto mille
garbatezze, e ci ha regalato dei cedri e delle arance."
Cenerentola non capiva più in sé dalla gioia. Ella domandò loro il nome di questa Principessa; ma
quelle risposero che non la conoscevano, e che il figlio del Re si struggeva della voglia di sapere chi
fosse, e che per saperlo avrebbe dato qualunque cosa.
Cenerentola sorrise, e disse loro:
"Dev' esser bella davvero! Dio mio! come siete felici voi altre! Che cosa pagherei di poterla vedere!
Via, signora Giulietta, prestatemi il vostro vestito giallo, quello di tutti i giorni...".
"Giusto, lo dicevo anch'io!" rispose Giulietta. "Prestare il mio vestito a una brutta Cenerentola come
te. Bisognerebbe proprio dire che avessi perso il giudizio."
Questa risposta Cenerentola se l'aspettava: e ne fu contentissima; perché si sarebbe trovata in un
grande impiccio, se la sua sorella le avesse prestato il vestito.
La sera dopo le due sorelle tornarono al ballo: e Cenerentola pure; ma vestita anche più
sfarzosamente della prima volta.
Il figlio del Re non la lasciò un minuto; e in tutta la serata non fece altro che dirle un monte di cose
appassionate e galanti.
La giovinetta, che non s'annoiava punto, si era dimenticata le raccomandazioni fatte dalla Comare;
tant'è vero che sentì battere il primo tocco della mezzanotte, e credeva che non fossero ancora le
undici. S'alzò e fuggì con tanta leggerezza, che pareva una cervia.
Il Principe le corse dietro, ma non poté raggiungerla.
Nel fuggire, ella lasciò cascare una delle sue scarpine di vetro, che il Principe raccattò con
grandissimo amore.
Cenerentola arrivò a casa tutta scalmanata, senza carrozza, senza lacchè e con addosso il vestito di
tutti i giorni, non essendole rimasto nulla delle sue magnificenze, all'infuori di una delle sue
scarpine, la compagna di quella che aveva perduta per la strada.
Fu domandato ai guardaportoni del palazzo, se per caso avessero veduto uscire una Principessa; ma
essi risposero che non avevano veduto uscir nessuno, tranne una ragazza mal vestita e che
dall'aspetto pareva piuttosto una contadina che una signora.
Quando le sorelle ritornarono dal ballo, Cenerentola chiese loro se si erano divertite e se c'era stata
anche la bella signora.
Esse risposero di si, e che era scappata via allo scocco della mezzanotte, e con tanta furia, che s'era
lasciata cascare una delle sue scarpine di vetro, la più bella scarpina del mondo: e che il figlio del
Re l'aveva raccattata, e non aveva fatto altro che guardarla tutto il tempo del ballo, e che questo
voleva dire che egli era innamorato morto della bella signora, alla quale apparteneva la scarpina.
E dicevano la verità: perché di lì a pochi giorni il figlio del Re fece bandire a suon di tromba che
sposerebbe colei, il cui piede avesse calzato bene quella scarpina.
Si cominciò a provare la scarpa alle Principesse: poi alle Duchesse e a tutte le dame di corte: ma era
tempo perso.
Fu portata a casa delle due sorelle, le quali fecero ogni sforzo possibile per far entrare il piede in
quella scarpa: ma non ci fu modo.
Cenerentola, che stava a guardarle e che aveva riconosciuta la scarpina, disse loro:
"Voglio vedere anch'io se mi va bene!".
Le sorelle si misero a ridere e a canzonarla.
Il gentiluomo incaricato di far la prova della scarpa, avendo posato gli occhi addosso a Cenerentola
e parendogli molto bella, disse che era giustissimo, e che egli aveva l'ordine di provar la scarpa a
tutte le fanciulle.
Fece sedere Cenerentola, e avvicinando la scarpa al suo piedino, vide che c'entrava senz'ombra di
fatica e che calzava proprio come un guanto.
Lo stupore delle due sorelle fu grande, ma crebbe del doppio, quando Cenerentola cavò fuori di
tasca l'altra scarpina e se la infilò in quell'altro piede.
In codesto punto arrivò la Comare, la quale, dato un colpo di bacchetta ai vestiti di Cenerentola, li
fece diventare assai più sfarzosi, che non fossero stati mai.
Allora le due sorelle riconobbero in essa la bella signora veduta al ballo; e si gettarono ai suoi piedi
per chiederle perdono dei mali trattamenti che le avevano fatto patire. Cenerentola le fece alzare, e
disse, abbracciandole, che perdonava loro di cuore, e che le pregava ad amarla sempre e dimolto.
Vestita com'era, fu condotta dal Principe, al quale parve più bella di tutte le altre volte, e dopo pochi
giorni la sposò.
Cenerentola, buona figliuola quanto bella, fece dare un quartiere alle sue sorelle, e le maritò il
giorno stesso a due gentiluomini della corte.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

Consuelo

Una fata travestita da vecchia mendicante offre a un giovane principe una rosa rossa in cambio di un riparo per la notte. Quando lui la allontana maleducatamente per il suo aspetto apparentemente brutto, lei lo punisce trasformandolo in un'terrificante creatura e tramutando i suoi servi in mobili e altri oggetti domestici. La fata dà alla Bestia uno specchio magico che gli permetterà di visualizzare gli eventi lontani, e la rosa, che rimarrà fiorita fino al suo ventunesimo compleanno. Egli deve amare ed essere amato a sua volta prima che tutti i petali cadano, o rimarrà una Bestia per sempre. Anni dopo, entra in scena una giovane e bella donna di nome Belle, che vive in un vicino villaggio con suo padre Maurice, che è un inventore. Belle ama la lettura e anela a una vita al di là del villaggio. La ragazza è perseguitata dall'arrogante eroe locale, Gaston, ma non ha alcun interesse per lui, nonostante il fatto che egli sia l'uomo più bello del paese, ricercato da tutte le ragazze, e sia considerato di perfezione divina da parte della popolazione maschile del villaggio.
Mentre Maurice cavalca tra i boschi per esporre la sua ultima invenzione, una macchina taglialegna, ad una fiera, si perde lungo la strada e viene inseguito dai lupi dai quali si salva entrando in un castello (a sua insaputa quello del principe-Bestia) dove incontra i servi trasformati il candelabro Lumière, l'orologio Tockins, la teiera Mrs. Bric e suo figlio Chicco, una tazzina da tè. La Bestia, furiosa dalla presenza di un intruso al suo castello, imprigiona Maurice senza un briciolo di pieà. Belle, poco dopo aver declinato la proposta di matrimonio di Gaston, è ricondotta al castello dal cavallo di Maurice e si offre di prendere il posto di suo padre. Quando la Bestia acconsente e rimanda Maurice a casa, per poi rinchiudere Belle alla torre. Lumiére convince l Bestia a spostare Belle in una camera da letto, perché crede che la ragazza sia la loro salvezza per spezzare l'incantesimo.
La Bestia ordina a Belle di cenare con lui, ma lei rifiuta, e Lumiére disobbedisce all'ordine della Bestia di non farla mangiare. Mentre Tockins e Lumiére accompagnano Belle per il castello, la ragazza si separa da loro e trova la rosa nella proibita ala ovest, e la Bestia, furioso, la caccia via. Spaventata, Belle cerca di scappare, ma lei e il suo cavallo vengono attaccati da lupi. La Bestia la salva e dopo che Belle ha curato le sue ferite, comincia a sviluppare dei sentimenti per lei. Decide quindi di fare qualcosa per lei e, su suggerimento di Lumiere, le mostra l'immensa bibilioteca. La stanza è talmente grande da impressionare Belle, e i due diventano amici. Passando più tempo insieme, i due diventano sempre più vicini l'uno all'altra, e la servitù si incarica di ripulire il castello e creare una serata romantica per loro.
Nel frattempo, Maurice ritorna al villaggio e racconta a tutti della Bestia e del rapimento di Belle, ma gli abitanti lo deridono. Gaston pianifica un crudele piano per impadronirsi di Belle: paga il guardiano del manicomio locale per rinchiudere Maurice a meno che Belle non accetti la sua proposta di matrimonio. Dopo aver scoperto che la loro casa è vuota, ordina al suo goffo complice LeTont di aspettare davanti alla porta fino al loro ritorno. Al castello Belle e la Bestia si vestono eleganti, cenano insieme e ballano romanticamente. La Bestia fa notare a Belle che sembra depressa, e le lascia usare lo specchio magico; la ragazza vede suo padre, che stava cercando di salvarla dal castello, morente nel bosco. Con solo poche ore rimaste prima che la rosa appassisca, la Bestia le permette di uscire per salvare il padre, dandole lo specchio perché si possa ricordare di lui. Questo fa inorridire i servitori, che temono non potranno mai essere di nuovo umani, dal momento che la Bestia non ha mai detto loro la ragione per la quale ha dovuto lasciarla andare. Mentre guarda la ragazza andarsene, la Bestia ammette a Tockins di amare Belle.
Belle trova suo padre e lo porta a casa, ma Gaston arriva con una folla. A meno che Belle non accetti di sposare Gaston, il gestore del manicomio locale rinchiuderà suo padre. Alla fine, Belle dimostra che Maurice è sano, mostrando loro la Bestia con lo specchio magico, ma quando dice che la Bestia è suo amico e chiama Gaston un "mostro", l'uomo diventa geloso. Gaston suscita la rabbia della folla contro la Bestia, e li porta al castello per ucciderlo. Gaston rinchiude Belle e Maurice nel seminterrato, ma Chicco, che si era nascosto nel bagaglio di Belle, riesce a tagliare la porta della cantina con la macchina di Maurice.
Mentre gli uomini di Gaston e la servitù combattono nel castello, Gaston trova la Bestia e lo attacca. La Bestia è inizialmente troppo depresso per reagire, ma egli riacquista la sua volontà quando vede Belle tornare al castello con Maurice. Dopo aver vinto un'accesa battaglia, la Bestia risparmia la vita a Gaston, ordinandogli di lasciare il castello. La Bestia si arrampica poi su un balcone dove Belle lo sta aspettando. Gaston, rifiutandosi di accettare la sua sconfitta, segue la Bestia e lo pugnala al fianco, ma perde l'equilibrio e precipita in un dirupio, morendo.
Mentre la Bestia sta morendo per le ferite riportate, Belle sussurra che lei lo ama, rompendo l'incantesimo appena prima che l'ultimo petalo cada dalla rosa. La Bestia torna in vita e diventa di nuovo un uomo. Appena lui e Belle si baciano, il castello e i suoi terreni ritornano al loro bell'aspetto precedente, mentre i servi ritornano umani. Alla fine, Belle e il principe danzano nella sala da ballo, mentre Maurice e la servitù umanizzata li guardano felicemente.
Capisci l'importanza di quella persona quando non è con te.
Se ti manca, allora è davvero importante.

LaDeA

Lav volpe e il corvo
Favole Fedro

La volpe e il corvo

Messer corvo aveva trovato sul davanzale della finestra un bel pezzo di formaggio: era proprio la sua passione e volò sul ramo di un albero per mangiarselo in santa pace. Ed ecco passare di là una volpe furbacchiona, che al primo colpo d'occhio notò quel magnifico formaggio giallo. Subito pensò come rubarglielo.
"Salire sull'albero non posso" si disse la volpe, "perché lui volerebbe via immediatamente, ed io non ho le ali... Qui bisogna giocare d'astuzia!".

- Che belle penne nere hai! - esclamò allora abbastanza forte per farsi sentire dal corvo; - se la tua voce è bella come le tue penne, tu certo sei il re degli uccelli! Fammela sentire, ti prego!
Quel vanitoso del Corvo, sentendosi lodare, non resistette alla tentazione di far udire il suo brutto cra crà!, ma, appena aprì il becco, il pezzo di formaggio gli cadde e la volpe fu ben lesta ad afferrarlo e a scappare, ridendosi di lui.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

Consuelo

La donnola e il gallo

Una donnola, dopo aver catturato un gallo, pensava ad un pretesto per poterlo mangiare.

Inizio' ad accusarlo di molestare gli uomini, poiche' con il canto gli impediva il sonno..., ma il gallo, quasi per discolparsi, replico':" ..Li sveglio nel loro interesse, perche' devono lavorare..". 


La donnola, allora, spiazzata dalle affermazioni del gallo, si invento' una nuova accusa:" Perche', violi le leggi naturali accoppiandoti con tua madre e le tue sorelle (le galline)".

Non faccio nulla di male -disse il gallo- anzi lavoro per il mio padrone e cosi' facendo le galline producono un' enorme quantita' di uova.

La donnola, allora, stanca delle risposte del gallo e della sua arguzia, decise di farla finita con le domande e se lo mangio'..........

Morale: cosi' gli animali, come le persone di natura malvagia, quando decidono di fare un torto a qualcuno, se non sono in grado di trovare un pretesto ragionevole, commettono il loro crimine ingiustamente.
Capisci l'importanza di quella persona quando non è con te.
Se ti manca, allora è davvero importante.

LaDeA

La pioggia di stelle
C'era una volta una bambina, che non aveva più nè babbo nè mamma, ed era tanto povera, non aveva neanche una stanza dove abitare nè un lettino dove dormire; insomma, non aveva che gli abiti indosso e in mano un pezzetto di pane, che un'anima pietosa le aveva donato. Ma era buona e brava e siccome era abbandonata da tutti, vagabondò qua e là per i campi fidando nel buon Dio. Un giorno incontrò un povero, che disse: - Ah, dammi qualcosa da mangiare! Ho tanta fame!
Ella gli porse tutto il suo pezzetto di pane e disse:
- Ti faccia bene! - e continuò la sua strada.
Poi venne una bambina, che si lamentava e le disse:
- Ho tanto freddo alla testa! Regalami qualcosa per coprirla. - Ella si tolse il berretto e glielo diede.
Dopo un po' ne venne un'altra, che non aveva indosso neanche un giubbetto e gelava; ella le diede il suo.
E un po' più in là un'altra le chiese una gonnellina, ella le diede la sua. Alla fine giunse in un bosco e si era già fatto buio, arrivò un'altra bimba e le chiese una camicina; la buona fanciulla pensò: "È notte fonda nessuno ti vede puoi ben dare la tua camicia ". Se la tolse e diede anche la camicia.
E mentre se ne stava là, senza più niente indosso, d'un tratto caddero le stelle dal cielo, ed erano tanti scudi lucenti e benchè avesse dato via la sua camicina ecco che ella ne aveva un a nuova, che era di finissimo lino.
Vi mise dentro gli scudi e fù ricca per tutta la vita.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

LaDeA

Cappuccetto rosso

C'era una volta una cara ragazzina; solo a vederla le volevan tutti bene, e specialmente la nonna, che non sapeva più' cosa regalarle. Una volta le regalò un cappuccetto di velluto rosso, e, poiché le donava tanto ch'essa non volle più portare altro, la chiamarono sempre Cappuccetto Rosso.

Un giorno sua madre le disse:
- Vieni, Cappuccetto Rosso, eccoti un pezzo di focaccia e una bottiglia di vino, portali alla nonna; è debole e malata e si ristorerà. Mettiti in via prima che faccia troppo caldo; e, quando sei fuori, va' da brava, senza uscir di strada; se no, cadi e rompi la bottiglia e la nonna resta a mani vuote. E quando entri nella sua stanza, non dimenticare di dir buon giorno invece di curiosare in tutti gli angoli.
-Farò tutto per bene, - disse Cappuccetto Rosso alla mamma e le diede la mano.
Ma la nonna abitava fuori, nel bosco, a una mezz'ora dal villaggio. E quando giunse nel bosco, Cappuccetto Rosso incontrò il lupo. Ma non sapeva che fosse una bestia tanto cattiva e non ebbe paura.
- Buon giorno, Cappuccetto Rosso, - egli disse.
- Grazie, lupo.
- Dove vai cosi presto, Cappuccetto Rosso?
- Dalla nonna.
- Cos 'hai sotto il grembiule?
- Vino e focaccia: ieri abbiamo cotto il pane; così la nonna, che è debole e malata, se la godrà un po' e si rinforzerà.
- Dove abita la tua nonna, Cappuccetto Rosso?
- A un buon quarto d'ora di qui, nel bosco, sotto le tre grosse querce; là c'è la sua casa, è sotto la macchia di noccioli, lo saprai già, - disse Cappuccetto Rosso.
Il lupo pensava: " Questa bimba tenerella è un grasso boccone, sarà più' saporita della vecchia; se sei furbo, le acchiappi tutt'e due". Fece un pezzetto di strada vicino a Cappuccetto Rosso, poi disse:
- Vedi, Cappuccetto Rosso, quanti bei fiori? perché non ti guardi intorno? Credo che non senti neppure come cantano dolcemente gli uccellini! Te ne vai tutta contegnosa, come se andassi a scuola, ed è così allegro fuori nel bosco!
Cappuccetto Rosso alzò gli occhi e quando vide i raggi di sole danzare attraverso gli alberi, e tutto intorno pieno di bei fiori, pensò: " Se porto alla nonna un mazzo fresco, le farà piacere; è tanto presto, che arrivo ancora in tempo ". Dal sentiero corse nel bosco in cerca di fiori. E quando ne aveva colto uno, credeva che più in là ce ne fosse uno più bello e ci correva e si addentrava sempre più nel bosco.
Ma il lupo andò difilato alla casa della nonna e bussò alla porta.
- Chi è?
- Cappuccetto Rosso, che ti porta vino e focaccia; apri. - Alza il saliscendi, - gridò la nonna: - io son troppo debole e non posso levarmi.
Il lupo alzò il saliscendi, la porta si spalancò e, senza dir molto, egli andò dritto a letto della nonna e la ingoiò.
Poi si mise le sue vesti e la cuffia, si coricò nel letto e tirò le coperte .. Ma Cappuccetto Rosso aveva girato in cerca di fiori, e quando n'ebbe raccolti tanti che più non ne poteva portare, si ricordò della nonna e S'incamminò. Si meravigliò che la porta fosse spalancata ed entrando nella stanza ebbe un'impressione cosi strana che pensò:
" Oh, Dio mio, oggi, che paura! e di solito sto cosi volentieri con la nonna! " Esclamò:
- Buon giorno! - ma non ebbe risposta.
Allora s'avvicinò al letto e scostò le cortine: la nonna era coricata, con la cuffia abbassata sulla faccia e aveva un aspetto strano.
- Oh, nonna, che orecchie grosse!
- Per sentirti meglio.
- Oh, nonna, che occhi grossi!
- Per vederti meglio.
- Oh, nonna, che grosse mani!
- Per meglio afferrarti.
- Ma, nonna, che bocca spaventosa!
- Per meglio divorarti!.
E subito il lupo balzò dal letto e ingoiò il povero Cappuccetto Rosso.
Saziato il suo appetito, si rimise a letto, s'addormentò e cominciò a russare sonoramente.
Proprio allora passò li davanti il cacciatore e pensò: " Come russa la vecchia! devo darle un'occhiata, potrebbe star male ".

Entrò nella stanza e, avvicinatosi al letto, vide il lupo.
- Eccoti qua, vecchio impenitente, - disse, - è un pezzo che ti cerco.
Stava per puntare lo schioppo, ma gli venne in mente che il lupo avesse mangiato la nonna e che si potesse ancora salvarla: non sparò, ma prese un paio di forbici e cominciò a tagliare la pancia del lupo addormentato. Dopo due tagli, vide brillare il cappuccetto rosso, e dopo altri due la bambina saltò fuori gridando:
- Che paura ho avuto! com'era buio nel ventre del lupo!
Poi venne fuori anche la vecchia nonna, ancor viva, benché respirasse a stento. E Cappuccetto Rosso corse a prender dei pietroni, con cui riempirono la pancia del lupo; e quando egli si svegliò fece per correr via, ma le pietre erano cosi pesanti che subito s'accasciò e cadde morto.
Erano contenti tutti e tre: il cacciatore scuoiò il lupo e si portò via la pelle; la nonna mangiò la focaccia e bevve il vino che aveva portato Cappuccetto Rosso, e si rianimò; ma Cappuccetto Rosso pensava: " Mai più correrai sola nel bosco, lontano dal sentiero, quando la mamma te l'ha proibito ".
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

LaDeA

La Sirenetta:

Nelle profondità degli oceani vivevano esseri metà umani e metà pesci: le sirene.
Dotate di una voce melodiosa, a volte risalivano alla superficie del mare per cantare, addolcendo così l'agonia dei marinai naufragati.
Abitavano in palazzi meravigliosamente decorati di conchiglie multicolori e di madreperle che i raggi del sole, smorzati, facevano risplendere. Intorno si estendevano vasti giardini di alghe brune e verdi. Le prime ondulavano come sciarpe di seta gonfiate da una brezza leggera, le seconde, finemente cesellate, davano riparo ai pesci dalle forme straordinarie e dai colori forti, che volteggiavano graziosamente in compagnia di meduse trasparenti.
Nel più grande e più bello di questi palazzi marini regnava il re del mare.
Già vecchio, era un padre soddisfatto di sei bellissime principesse. Egli aveva affidato la loro educazione alla regina madre, che aveva una grande coscienza del suo rango; infatti, inculcò con rigore alle principesse le belle maniere, l'arte di ricevere e tutte quelle cose che facevano di loro delle ragazze sapienti e perfette.
Erano tutte bellissime, ma la più giovane era di uno splendore particolare che la distingueva dalle sorelle. I suoi lunghi capelli biondi e soffici, la sua bocca rossa, il suo colore delicato e i suoi occhi chiarissimi le conferivano un fascino incomparabile.

Tutto in lei era perfetto... Ahimè! da qualche tempo però la tristezza offuscava spesso il suo volto delicato, dandole un'aria depressa e assente.
Aveva sempre più desiderio di ritirarsi nel giardino segreto, giardino che aveva ogni principessa, perché le piaceva sognare ad occhi aperti, lontana dagli occhi delle sorelle; ma ora ci passava lunghe ore immersa nei suoi pensieri. Qual'era la ragione di questo cambiamento d'umore, lei che prima era così amabile?
Qualche giorno prima aveva trovato un busto in alabastro di un giovane uomo, probabilmente caduto in mare durante il naufragio di una nave.

Era sempre stata attratta dai racconti della nonna sulla vita terrestre; come tutte le sirene il giorno del quindicesimo compleanno, sua nonna era emersa dalle profondità dell'oceano e aveva scoperto il mondo sconosciuto degli uomini.
In seguito, aveva fatto frequenti incursioni sulle spiagge di diversi litorali e aveva conservato un ricordo indimenticabile delle sue esperienze. La passione che metteva nel raccontare le sue storie fu trasmessa alla giovane sirenetta. Avida di particolari, l'assillava di domande; voleva conoscere tutto della vita di chi, sulla terra, con due gambe, si muoveva facilmente così come lei danzava nell'acqua...
Purtroppo, ancora alcuni anni le mancavano prima che lei compisse i suoi quindici anni...
Un giorno la maggiore delle sue sorelle compì i tanto attesi quindici anni. Dopo aver avuto innumerevoli raccomandazioni di prudenza dalla nonna preoccupata, partì verso la superficie, guardata con invidia dalla sorella minore. Al ritorno, raccontò con entusiasmo la sua esperienza e, certamente, la sua più avida ascoltatrice fu la sirenetta più giovane.

L'anno seguente, fu il turno della seconda figlia del re: partita nella direzione opposta conobbe altri paesaggi, altri popoli, che descrisse alla sorella addirittura abbagliata. La terza principessa fra quelle che ricevettero il permesso, si recò in una baia, risalì poi un fiume circondato da castelli, colline e foreste. La quarta preferì restare al largo a contemplare le navi che facevano rotta verso il continente. Il compleanno della quinta fu in inverno ed ebbe il privilegio di ammirare la neve e il ghiaccio, che nessuna sirena aveva mai visto fino ad allora. Infine, il giorno tanto atteso e nello stesso tempo tanto temuto, arrivò. La piccola sirena compì quindici anni. Appena ebbe il permesso di partire, nuotò vigorosamente e andò verso il cielo che intravedeva sopra la sua testa. Tra gli spruzzi di mille goccioline, uscì sulla superficie del mare e contemplò, soggiogata, il sole che calava fiammeggiante all'orizzonte. I minuti passarono meravigliosi.
Lentamente, il giorno si oscurò e arrivò la notte, ma la piccola sirena riuscì a scorgere, lasciandosi dondolare dolcemente, una magnifica caravella con molte vele.
C'era una festa a bordo e l'alberatura era tutta addobbata con centinaia di lampade che illuminavano tutta la nave. Sul ponte riccamente parato c'era l'eroe della serata, un principe giovane e bello...
Affascinata dallo spettacolo fiabesco, la sirenetta fissava estasiata il giovane che si distingueva dagli altri per la sua prestanza fisica e la sua eleganza.

Improvvisamente si alzò il vento, le onde divennero più violente e si infransero contro la nave. I lampi saettavano nel cielo oscurato dalle nuvole e la tempesta scoppiò spaventosamente.
I marinai, sorpresi dalla rapidità e dalla forza dello scatenarsi degli elementi, non ebbero il tempo di abbassare le vele: gonfiate al massimo, trasportarono la nave come una pagliuzza. Spinta dal vento, sballottata dalle onde giganti, la nave non resistette molto tempo. Lo scafo si ruppe, le strutture sradicate caddero nell' acqua e in mezzo alle grida dei naufraghi, la nave tu inghiottita dalle onde mugghianti.
Fu così che un'incredibile speranza attraversò la mente della sirenetta che assisteva impotente a quel dramma: il principe la stava raggiungendo nel regno del mare!
Poi si ricordò che gli uomini annegavano se non potevano respirare l'aria, per loro indispensabile. Con il rischio di essere ferita dai rottami della nave, si precipitò in soccorso del principe un attimo prima che fosse inghiottito dalle onde.

Gli sorresse la testa fuori dall'acqua e poi, lottando con tutte le sue forze, cercò di arrivare a riva.
Dopo molti sforzi, esausta, giunse sulla spiaggia con il suo carico esanime. Al mattino la tempesta si era calmata e nel cielo senza nuvole, il sole cominciò a salire verso lo zenit.
Il mare era calmo e tutti i resti della nave erano scomparsi. Si sarebbe potuto credere che non fosse successo niente. Soltanto la presenza del principe ricordava i tragici avvenimenti della notte.
La sirenetta pensò che la vita era più tranquilla nel regno profondo del mare; fugacemente, rimpianse la sua vita comoda, ma la vista del giovane la riportò alla realtà.
Con gli occhi chiusi sembrava dormisse e poté osservarlo per lungo tempo: assomigliava stranamente al busto di alabastro che ornava il suo giardino... furtivamente, gli diede un bacio sulla fronte.
E se fosse morto? Disperata, non sapeva che fare per salvare colui che amava già con tutto il cuore. Si sentì inutile, la sua coda di pesce le impediva tutti i movimenti sulla terra ferma.

Coraggiosamente, incominciò a tirare il corpo inerte verso un luogo ben in evidenza, alla vista di eventuali passanti.
Poi, andò a sedersi dietro una roccia, non potendo fare altro per il principe. Quasi subito, una ragazza che passeggiava sulla spiaggia, approfittando del dolce sole mattutino, vide il principe. Chiamò aiuto e il giovane ebbe finalmente soccorsi.
Riscaldato, confortato, riprese i sensi e il primo volto che vide fu quello della giovane ragazza.
Ben rassicurata sulla sorte di chi aveva toccato il suo cuore per sempre, la piccola sirena si immerse nel mare e ritornò nel suo regno. Non raccontò nulla del suo soggiorno in superficie e il suo silenzio preoccupò il re,
la nonna e le sue sorelle. Da quel giorno passò le giornate nel suo piccolo giardino contemplando la statua, sosia del principe. Molte volte andò sulla spiaggia dove aveva lasciato il principe, sperando di rivederlo ma invano... le stagioni passarono.
La malinconia della piccola principessa aumentava ogni giorno di più e il suo sconforto si intensificava. Sua nonna ebbe pena di lei e, dopo molte esitazioni, si decise a rivelare alla ragazza l'esistenza e i grandi poteri della strega che abitava sul fondo dei mari:
- Se sei felice solo quando sei sulla terra, vai a trovarla, lei ti aiuterà ma...
Senza aspettare un attimo di più, la piccola sirena riunì tutte le sue forze e nuotò verso l'antro della maga.
Coraggiosamente, riuscì a resistere all'attacco delle murene che volevano morderla e ignorò le ferite causate dai coralli che laceravano il suo corpo. Superando la paura, continuò, malgrado gli ostacoli che le sbarravano il cammino e finalmente giunse davanti all'orribile donna che, avvisata del suo arrivo, l'aspettava.

Una puzza pestilenziale usciva da un pentolone il cui contenuto stava bollendo.
- So quello che desideri, - sogghignò la donna spaventosa, - sei molto audace! Voglio esaudirti, ma come contropartita, dovrai fare grandi sacrifici: in cambio delle gambe, voglio la tua voce, resterai per sempre muta... non ridiventerai mai più una sirena e se non saprai guadagnarti l'amore dell'uomo che ti ha ammaliata, se egli amerà un'altra donna, morrai... Poi aggiunse con un' aria terribile: ad ogni passo, avrai dolori, i tuoi piedi sanguineranno ma tu dovrai sorridere, nascondere il tuo tormento... Sei ancora decisa?-
- La mia decisione è irremovibile. Voglio realizzarla a qualunque costo!-
Nauseata, inghiottì la bevanda dall'odore fetido che la strega le diede.
Con atroci sofferenze, la coda di pesce si trasformò in due gambe affusolate.
La piccola sirena non riuscì a trattenere un grido di' dolore. Ad ogni passo gli occhi le si riempivano di lacrime; faticosamente si diresse verso la spiaggia. Le sue nuove gambe erano più un intralcio che un aiuto e, esausta, svenne sulla sabbia.
Quando si svegliò, il suo sguardo incrocio... quello del principe!
Anche il principe veniva regolarmente sulla spiaggia: era alla ricerca di una ragazza che aveva conquistato il suo cuore, con uno sguardo che aveva incrociato il suo al risveglio dopo il naufragio... E così scoprì la sirenetta.
Soggiogato dal suo fascino e dalla sua bellezza, la presentò ai suoi genitori, a corte e diventò la regina dei balli e dei ricevimenti dati in suo onore.
La sirenetta soffriva atrocemente, ma sorrideva radiosa. Appena restava sola, furtivamente bagnava i piedi sanguinanti nel mare fresco e riposante.
Una grande tristezza la tormentava notte e giorno: il principe l'amava, ma come una sorella, un'amica... essendo muta, si confidava molto con lei, sicuro che avrebbe mantenuto il segreto.
Il principe pensava che le lacrime che brillavano negli occhi della ragazza, fossero lacrime di compassione e le era riconoscente.

Se avesse potuto immaginare... Il principe cominciò a disperare di poter ritrovare la ragazza da cui lui credeva fosse stato salvato, quando ricevette un invito dal re di un paese vicino.
Fu con grande sorpresa e gioia che riconobbe nella figlia del re la sua salvatrice!
Anche la giovane principessa si era innamorata dello sconosciuto della spiaggia e il loro ritrovarsi fu meraviglioso.
Fu subito stabilito il matrimonio, che si celebrò dopo qualche giorno con grande sfarzo.
Il ballo degli sposi si svolse su una nave riccamente decorata e illuminata.
La piccola sirena si sforzò molto per essere gaia e gentile. Le sue gambe la sostenevano a malapena, ma lei danzò tutta la notte, la sua ultima notte... il principe aveva sposato un'altra e la piccola sirena doveva ritornare nel mare dove sarebbe affogata, essendo ormai una ragazza terrena.

Ciò a lei non importava; come poteva vivere senza amore?
Sulla spiaggia, prima di entrare tra i flutti che sarebbero diventati la sua bara, intravide le sue sorelle:
- Vieni, - le gridarono, - abbiamo venduto le nostre lunghe chiome alla strega in cambio della tua vita. Ma ad un'altra condizione: prima dello spuntare del sole, il sangue del principe dovrà bagnare le tue gambe che si ritrasformeranno in una coda di pesce... sbrigati, stai morendo... - arrivavano queste parole dal mare...
Spaventata... uccidere colui che amava ancora!
I brividi la percorsero... la morte cominciava la sua opera.
Poi il suo corpo divenne leggero, aereo, e la sirenetta si ritrovò nel regno dell'aria dove le figlie del vento, per compassione l'avevano portata.
Ormai, la piccola sirena infelice vivrà nel cielo eternamente perché lassù la morte non esiste.
Dall'immensità dei cieli, veglierà e proteggerà la giovane coppia principesca, testimone della felicità che non aveva potuto avere.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

LaDeA

Il principe ranocchio.
Dopo aver raccolto un'intera grembiulata di mughetti selvatici, Caterina si avviò verso casa.
Sulla via del ritorno incontrò Melina e Tina che giocavano tra le betulle. Vedendola arrivare, tacquero e la guardarono con occhi adoranti...
Sembri una sposa - disse Melina.
A quelle parole si accese una luce negli occhi di Tina: - Non pensi di trovarti un marito, Caterina?-
Caterina sorridendo rispose solennemente che, per il momento era troppo giovane; e poi, doveva prima trovare qualcuno che le piacesse sul serio.
- Potresti trovarti un principe stregato: in qualsiasi ranocchio c'è un principe stregato e qui i fossi sono pieni di ranocchi. Basta un bacio e... puff! Eccoti il principe!
- Anche tu ti sposerai con un principe stregato? - le chiese Caterina sorridendo, mentre si allontanava.
- No, mi sposerò con un idraulico - rispose Melina - oggi gli idraulici fanno un sacco di soldi, dice sempre il mio papà -.
Melina e Tina si presero per mano e si avviarono per raccogliere anche loro mughetti; ma prima che avessero il tempo di cominciare, accadde un fatto inaudito; trovarono nientemeno che il principe stregato di Caterina!
Un ranocchio, sissignori, seduto con aria pensosa, sul bordo dello stagno.
- Sarà stato certo tutto il tempo a spiare Caterina - disse Melina ammirando entusiasta il ranocchietto che le palpitava tra le mani giunte.
- Vieni, corriamo dietro a Caterina e facciamoglielo baciare!
Ma Caterina era sparita.
- Aspettiamola sul molo - propose Melina - anch'io comincio a stufarmi di tenere questo ranocchio tra le mani.
Il ranocchio doveva essere stufo almeno quanto lei.
Attraccato al pontile c'era un battello, e non si vedeva anima viva a bordo né altrove; il sole dardeggiava, faceva caldo, ed era una seccatura stare lì ad aspettare.
- Sai cosa - disse Tina - il ranocchio potremmo anche baciarlo noi, non credi? Il principe salterà fuori lo stesso, e allora lo persuaderemo a mettersi con Caterina. A quel punto se la sbrigherà lui!
Era un'idea ragionevole, concordò Melina, e anche se le faceva un po' schifo baciare un ranocchio... trattenne il fiato, chiuse gli occhi e lo baciò.
Ma quel poveretto si rifiutò di trasformarsi in principe.
- Bleah, così adesso tocca a me - disse Tina. Mise più intensità nel suo bacio, ma il tentativo fallì ugualmente: tra le sue mani c'era ancora il solito ranocchio palpitante.
- Cretino d'un principe! disse Melina. - Non vuoi?- Allora vattene!
Posò il ranocchio in terra e quello, felice dell'inaspettata libertà, spiccò un balzo. Filò dritto sul fondo del battello sconosciuto.
Chi osa dire che i ranocchi non sono principi stregati? Puff...
Ad un tratto eccoti lì il principe, proprio come nelle fiabe! Uscì dal cabina del battello; saltò sul molo e si fermò proprio davanti a Melina e Tina, che lo fissavano con occhi sgranati.
Non era, a dire il vero, in tenuta regolamentare da principe, perché indossava dei comunissimi jeans, ma, a parte questo, aveva un fisico veramente principesco, completo di occhi celesti, denti bianchissimi e capelli biondo oro.
- Ma io pensavo che avesse almeno la corona - bisbigliò Tina e senza staccare gli occhi dal principe, Melina le spiegò sottovoce: - Probabilmente se la mette solo la domenica. Pensa come sarà contenta Caterina!
Ma il sogno si infranse quando sentirono la domanda del principe:
- Sapete indicarmi un negozio di ferramenta da queste parti? Devo fare una riparazione alla pompa prima che torni il padrone, sennò saranno guai.
Le due amiche si scambiarono un'occhiata piena di delusione:
- Non ce più speranza neppure nelle fiabe.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
Chatta con me! *-*

LaDeA

L'asino selvatico e l'asino domestico.
C'era una volta un simpatico asinello selvatico che trascorreva le sue giornate in libertà, passeggiando per i campi e mangiando il cibo che trovava. Durante uno dei suoi giri quotidiani ebbe modo di vedere un suo simile, dall'aspetto sano e robusto, che brucava l'erba in un grande prato cintato da un'alta staccionata di legno. Esso, osservando l'animale domestico, pensò: "Che bella vita! Lui sì che sta bene: é spensierato, senza problemi e con il cibo a volontà". In effetti l'altro asino sembrava proprio fortunato: gli venivano serviti due pasti abbondanti al giorno, riposava in una stalla bene attrezzata ed aveva un pascolo meraviglioso a sua disposizione.

L'asino selvatico, invece, doveva accontentarsi dei miseri sterpi che riusciva a trovare ai margini della strada, perché i prati ricoperti di erbetta fresca erano tutti privati. Ogni tanto, il povero asinello appoggiava il muso sulla cima della staccionata e, guardando l'altro, lo invidiava da morire.

Un giorno, pero, il giovane asinello, girovagando tranquillo, incontrò sulla via, un animale talmente sovraccarico di legna, sacchi di grano ed altro da non essere in grado di capire di che bestia si trattasse. Quando questa, per reagire ad una violenta frustata del suo padrone, tirò un calcio e alzò il muso, lo riconobbe: era l'asino domestico che fino a quel giorno aveva tanto invidiato! "Eh, caro mio," gli gridò affiancandosi a lui "a questo prezzo non farei mai cambio con te. Nessuno mi comanda, io sono libero e leggero come una libellula. Se poi non mangio bene come te, meglio, mi mantengo in linea. E per sopravvivere mi arrangio". Dopo quell'incontro l'asino selvatico non provò più alcuna invidia per il suo simile.
Esopo.
È meglio possedere poco vivendo felici piuttosto che avere la ricchezza a costo di tante sofferenze.
Ognuno di noi ha un paio d'ali, ma solo chi sogna impara a volare.
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